Riflessioni sulla crisi irachena Osservatorio

Archeologia Viva n. 101 – settembre/ottobre 2003
pp. 88-91

di Paolo Matthiae

A diversi mesi dalla conclusione ufficiale della guerra è ancora problematico un bilancio dettagliato dei danni subiti (o in corso) dai beni culturali della Mesopotamia ma sono possibili realistiche considerazioni sullo stato di sicurezza di uno dei patrimoni più importanti al mondo

Molti sono i modi in cui ci si può occupare del passato, il ricorso a versioni apologetiche e magnificatorie della storia non è del resto una rarità. Ma, se rigore scientifico e rifiuto di facili sensazionalismi devono essere l’unico presupposto di ogni ricerca, è solo considerando il forte vincolo tra passato e presente che è possibile afferrare davvero la realtà dei nostri giorni. E si comprenderà allora come queste considerazioni arrivino ad assumere un più forte significato se accostate a un tema, quello dell’antica Mesopotamia, l’odierno Iraq, alla luce dei gravissimi danni subiti dai beni culturali in seguito agli avvenimenti bellici che hanno recentemente interessato la regione.

Perché la Mesopotamia è così importante per l’umanità? La storia della regione fra il Tigri e l’Eufrate inizia con l’età neolitica, con la grande rivoluzione economico-sociale che ha portato all’addomesticamento delle specie animali e vegetali e ai primi insediamenti, come quelli, appunto, sorti ai bordi della piana alluvionale mesopotamica. Sarà sempre, invece, un’altra rivoluzione, quella urbana, tra il 3500 e il 3000 a.C., a far nascere nella zona tra Baghdad e Bassora, l’antica Babilonia, le prime città. È questo un primato assoluto che rimarrà tale al di là di ogni ulteriore scoperta si possa verificare in futuro. Così come, negli stessi anni, in Egitto si creava la prima formazione statale della storia, è altrettanto suggestivo pensare che le città mesopotamiche più antiche – Uruk ne è un simbolo – rappresentarono il nucleo di ogni progresso sostanziale dell’umanità per i successivi cinquemila anni. E mano a mano che la civiltà urbana iniziava a consolidarsi, la Mesopotamia dava al mondo il primo genio poetico della storia umana, una donna, Inkneduanna, autrice di due straordinari poemi celebrativi scritti verso il 2300 a.C. e miracolosamente giunti fino a noi così, come la straordinaria raccolta giurisprudenziale del codice di Hammurabi (1792-1750 a.C.), testimonianza di come il diritto, già a quei tempi, a Babilonia, fosse considerato una vera e propria disciplina.

Del resto, sempre alla Mesopotamia bisogna guardare per gli esordi dell’arte figurativa: i rilievi dei re d’Assiria nei loro stupefacenti palazzi del IX-VII sec. a.C. sono le prime grandiose, raffinatissime rappresentazioni di rilevanza storica, capaci di sfidare le espressioni artistiche di ogni tempo, compreso il nostro Rinascimento. Questo e molto altro dobbiamo alla Mesopotamia, una regione che, tuttavia, nell’antichità non godette affatto dello stesso prestigio del mondo egizio tanto ammirato dai Greci, ma il cui fascino non sfuggì ad Alessandro Magno che arrivò a eleggere capitale del suo impero Babilonia, una città che era distantissima dalla sensibilità urbanistica dell’Ellade. […]