Firenze: quarto Incontro AV Insieme per l'archeologia

Archeologia Viva n. 101 – settembre/ottobre 2003
pp. 78-82

di Piero Pruneti

Per la quarta volta si è ripetuto al Palacongressi fiorentino il bagno di folla dei protagonisti della ricerca archeologica accolti come al solito dall’entusiasmo dei nostri lettori accorsi a migliaia

È ormai chiaro che gli incontri biennali di Archeologia Viva sono diventati l’appuntamento più ambito e partecipato della divulgazione archeologica. Anche al nostro quarto meeting nazionale, svoltosi come i precedenti nell’ormai “ristretto” auditorium (milleduecento posti) del palacongressi fiorentino il 16 marzo scorso, ha partecipato, nell’arco della giornata, la consueta strabocchevole folla di circa tremila persone. Per tutte le quasi dodici ore di durata della manifestazione la grande sala è stata un polmone sempre saturo che a tratti si gonfiava fino ai limiti fisici della capienza con gente in piedi in ogni spazio praticabile. Dove mai nel mondo succede qualcosa di simile per un evento di alta cultura?

Aprono gli Etruschi. Le origini dell’uomo e dell’universo. E la guerra a Saddam
La maratona inizia alle otto del mattino quando entra il primo centinaio di persone, già da tempo appostate ai cancelli per assicurarsi un posto in prima fila. Dopo mezzora l’auditorium è già pieno e vale la pena iniziare in orario. Fortunatamente, chi arriva dopo può contare sulla complementarietà d’interessi offerta dal programma, dove gli argomenti proposti sono tanti e così vari da determinare una certa percentuale di ricambio del pubblico.

Si inizia con gli Etruschi, splendidamente trattati da Giovannangelo Camporeale. Di cosa vivevano gli antichi padroni della Toscana? L’allievo di Giacomo Devoto non perde una virgola, non sbaglia una parola, incanta nell’esposizione ed è uno spettacolo vedere quel mare di gente che per tre quarti d’ora rimane ammutolito, sopraffatto. Nonostante la precisione filologica Camporeale sfora i tempi. Si sente uno che urla «ma lasciatelo parlare!». Per tutto il giorno la misura delle cose è data da questa lotta contro il tempo (di chi parla, sostenuto dal pubblico che vorrebbe non smettesse mai). Tocca quindi, all’antropologo Carlo Peretto, sempre più impegnato in un lavoro di “speculazione”, alla ricerca, che ormai lo assilla, dell’essenza intima dell’uomo. Peretto è bravissimo nel farci smarrire nei campi sterminati della preistoria, nei milioni di anni, e ci introduce perfettamente al tema successivo, le origini dell’universo. Molti ora allungano il collo per vedere spuntare da qualche parte il volto promesso di Margherita Hack, ma la popolare astrofisica è bloccata a Trieste da un delicato intervento al ginocchio. Con esemplare spirito di servizio nei confronti della propria disciplina ha accettato di sostituirla Franco Pacini, altrettanto simpatico e noto per le sue partecipazioni a Quark.

Pacini (l’uomo chiede scusa perché è venuto con trentotto di febbre e la platea lo ringrazia con un applauso interminabile) tratta le galassie con una lucidità e una semplicità che lasciano a bocca aperta l’uditorio, questa volta perso nei miliardi di anni, smarrito nell’ universo. Prima di lasciare l’anziano astronomo esprime parole di apprezzamento per la bandiera della pace che sventola dal palco (la tensione nel mondo è alta perché Saddam non tira fuori le armi e la guerra sembra vicina) e anche in questo caso la platea lo sostiene con uno scroscio di applausi. È vero che qualcuno non condivide; una signora abbandona stizzita sbatacchiando la rivista sul banco della segreteria. È il problema del coinvolgimento – inevitabile – del presente che tocca la nostra rivista e più in generale l’archeologia, specialmente se la terra in questione si chiama Mesopotamia… Ma c’è poco da fare: la totalità degli archeologi è già schierata e i sentimenti contro il conflitto iracheno emergeranno per tutto il convegno a ogni minima occasione.

Le malattie che ci assillano. Luce mediterranea. Piramidi senza misteri
Dagli spazi siderali alla “miseria” del corpo umano: Gino Fornaciari snocciola sullo schermo le mummie naturali (con significativi ingrandimenti di particolari anatomici) dei principi aragonesi su cui il noto paleopatologo pisano ha condotto una delle sue indagini più apprezzate nel mondo scientifico. Questa volta l’uditorio segue con una certa apprensione: è duro osservare quei corpi straziati da malattie che in gran parte possono ancora toccare anche noi. Alla fine, un applauso comprensivo, di stima verso il ricercatore, un po’ liberatorio… Fa piacere veder salire sul palco Louis Godart, il grande studioso di civiltà egee, scelto dal presidente Ciampi fra i suoi consiglieri. Godart è di parola, ha detto che veniva ed eccolo lì (nonostante l’improvviso appesantimento degli impegni al Quirinale), pronto a ripartirsene subito per Roma, lasciandoci in mezzo al mare dei Minoici…

Si diceva del problema del tempo…
Ogni relatore fa la sua parte e per recuperare non resta che proiettare il film in programma (Gli uomini dimenticati della valle dei re, presentato per la Rassegna di Rovereto da Dario Di Blasi) durante la pausa pranzo. Pazienza per il film. Invece a mangiare vanno proprio in pochi (sono pazzi questi lettori!). Quindi si ricomincia con Francesco Tiradritti, venuto per parlarci dei misteri mancati delle piramidi, da quelli di chi le ritiene prodotte da superiori civiltà extraterrestri a chi si immagina chissà quali sorprese al loro interno. Ma l’archeologia ci ha già detto tutto o quasi su questi monumenti ed è inutile cercare lontano.

Ricerche all’estero. Popoli e terre lontane
Che poi l’archeologia non abbia bisogno della fantascienza per offrirci momenti di grande suggestione ce lo confermano gli scavi di Marcella Frangipane. La studiosa dell’Università “La Sapienza” ha presentato a Firenze la sequenza formidabile di scoperte che nel sito di Arslantepe, nell’Anatolia dell’est, fanno onore alla ricerca italiana. I risultati, estremamente ricchi e complessi sotto il profilo stratigrafico (vedi: AV n. 99), soddisfano anche i “cacciatori” di primati: ad Arslantepe è stata scoperta la prima spada della storia, la prima testimonianza di sacrificio umano, la prima forma di struttura statale.
Infine, anche il quarto incontro di Archeologia Viva, come il precedente, viene concluso da Giuseppe Orefici. Abbiamo voluto così perché certamente l’archeologia è anche un’avventura, per chi la segue, ma soprattutto per chi ne è protagonista e Orefici, con le sue missioni nella giungla del Chapas, nei deserti di Nasca e, più ancora, in quella autentica madre del fascino archeologico che è l’isola di Pasqua – dove l’archeologo bresciano ha appena chiuso la sua ultima campagna – esprime al meglio questa invidiabile dimensione.

Ricordo di Sinopoli
Il nostro quarto incontro nazionale è stato dedicato a Giuseppe Sinopoli. Il grande maestro, morto cinquantenne sul podio, due anni fa, dopo la musica amava l’archeologia. Si doveva laureare con Paolo Emilio Pecorella e Paolo Matthiae con una tesi sulla Mesopotamia. Sinopoli fu anche collezionista intelligente di antichità e finanziatore di scavi archeologici (a Populonia). Abbiamo ritenuto che la grande platea di Archeologia Viva offrisse il luogo e il momento più adatti per ricordarlo sotto questo profilo. Insieme a Pecorella e Matthiae hanno parlato di lui Stefano Bruni, Antonella Romualdi e la giovane moglie Silvia Cappellini, la più forte di tutti a controllare il gioco delle emozioni. La cerimonia è stata toccante, ben oltre il previsto… Si è concluso con lo struggente adagetto della quinta sinfonia di Mahler, una delle massime esecuzioni del maestro.