Otzi: fu omicidio L'uomo venuto dal ghiaccio

Archeologia Viva n. 100 – luglio/agosto 2003
pp. 42-53

di Raffaele de Marinis e Umberto Tecchiati

Le più recenti indagini sulla mummia del Similaun hanno fornito gli elementi per ricostruire la fine di Ötzi: la freccia nemica che lo ferì a una spalla poteva non essere mortale ma alla fine di una tremenda giornata l’uomo era solo in mezzo ai ghiacci…
La sconcertante rivelazione squarcia il velo di un’epoca distante cinquemila anni da noi e contribuisce al dibattito sull’origine della violenza umana e dei conflitti armati

Il 25 luglio 2001 a Bolzano, nel corso di un’affollata conferenza stampa presso il Museo archeologico dell’Alto Adige, Paul Gostner, primario del reparto di radiologia all’Ospedale regionale di San Maurizio, riferiva l’esito di alcune indagini condotte sull’uomo del Similaun. Tali indagini erano state richieste dal responsabile della conservazione della mummia, Eduard Egarter Vigl, primario anatomopatologo del medesimo ospedale. I risultati, a seguito dell’enorme eco mediatico, sono ormai noti, ma vale la pena riassumerli. È peraltro da sottolineare che solo da poco è apparsa una pubblicazione scientifica sull’argomento e non era pensabile una presa di posizione di tipo archeologico basata unicamente su dati resi noti attraverso i mass media.

Sulla mummia furono effettuate due distinte serie di esami. La prima, curata da Gostner e dai suoi più stretti collaboratori, era incentrata su analisi radiologiche standard e su una tomografia assiale computerizzata (tac). La seconda, condotta da Egarter, verteva sull’analisi della superficie del corpo. L’analisi radiologica rilevò, nella regione della spalla sinistra, «un’immagine radiopaca, proiettivamente situata vicino al margine superiore del secondo arco costale». Nella valutazione iniziale del radiologo tale immagine doveva riferirsi a un corpo estraneo lungo ventuno e largo diciassette millimetri, interpretabile come l’armatura in slce di una freccia; in seguito tali misure furono riportate – più plausibilmente per quanto sappiamo circa le dimensioni delle cuspidi di freccia dell’epoca in cui visse l’uomo ritrovato sul Similaun (inizi dell’età del Rame, circa 3300 a.C.) – a ventisette millimetri di lunghezza e diciotto di larghezza. La medesima immagine era ancor più evidente in un radiogramma dell’emitorace sinistro, consultabile nel sito www.iceman.it/ricerca dello stesso Museo archeologico dell’Alto Adige.

La tomografia computerizzata rilevò a sua volta il corpo estraneo, riconoscibile come una piccola opacità lineare localizzata nelle parti molli della spalla sinistra a sedici millimetri dalla pleura parietalis, la superficie del polmone. Grazie alle ricostruzioni tridimensionali è stato possibile pervenire anche a dettagli di tipo balistico: il corpo estraneo risulta orientato con la punta verso l’alto, da sinistra verso destra e da dietro verso avanti. Come sulle radiografie, nelle immagini ottenute con tomografia computerizzata il corpo estraneo sembra interpretabile come punta di freccia ed è posto in corrispondenza del probabile decorso dei grandi vasi sanguigni dell’ascella sinistra. A carico della scapola sinistra (più precisamente nella fossa infraspinata) si osserva un foro all’incirca ovale (largo al massimo venti millimetri), interpretabile come punto di entrata della freccia.

Nessun reperto è stato studiato tanto a fondo e con l’ausilio di così sofisticate tecnologie scientifiche, eppure nessuno in precedenza si era accorto del corpo estraneo nella spalla della mummia; questo ha causato non poco sconcerto nella comunità degli studiosi (e qualche battuta maliziosa da parte dei giornalisti sul tempismo della comunicazione: solo due mesi prima del decennale della scoperta, avvenuta il 19 settembre 1991, dell’Uomo del Similaun). […]