Archeologia Viva n. 100 – luglio/agosto 2003
di Piero Pruneti
Dunque… centesimo numero!
Per una rivista che si rispetti è come una persona che diventa maggiorenne. È vero che un po’ di anzianità e un po’ di blasone se li stiamo togliendo da soli, perché al centesimo numero sì, ma della nuova serie, uscita a partire dal 1988 con l’editore Giunti (e che dal 2002 ha ereditato il logo e lo spirito della scomparsa “Storia e Dossier”). In realtà “Archeologia Viva” è nata nel 1982 come primo periodico italiano di larga diffusione nel settore e siamo quindi all’anno XXII nel computo generale (lo dico con orgoglio e con rimpianto, perché sono anche anni miei, i migliori nella vita di una persona…).
Tuttavia questi – primi – cento numeri della nuova serie rivestono un’importanza particolare nella più lunga storia della rivista, perché ad essi corrisponde la vera affermazione della testata quale prestigioso organo di informazione, di divulgazione, ma anche di proposta e di opinione nell’ambito dei beni culturali. Abbiamo una concezione che definirei “militante” del lavoro redazionale, teso a coinvolgere i lettori nei vari modi in cui è possibile “vivere l’archeologia” e a trasferire su pagina i risultati più importanti e consolidati della ricerca, nella piena coscienza che l’informazione, al pari della stessa indagine scientifica, deve essere libera per risultare attendibile ed efficace. E noi – scusate se è poco nel mondo in cui viviamo – possiamo permettercelo, perché siamo nelle mani di un editore, come si dice, “puro”, entrato come tale sul mercato e che vive dei suoi prodotti editoriali senza necessità di soggiacere a condizionamenti di sorta. E l’Editore a sua volta non pone limiti alle redazioni.
Così succede che gli argomenti scelti e le scoperte da segnalare non hanno padrini se non il vaglio di un controllo da parte del direttore e, se occorre, del comitato scientifico. Soprattutto un’idea ci fa strada: guardiamo al passato non per sfuggire alla realtà quotidiana,ma per capirla, per orientarci, per educare le nuove generazioni al senso della storia, al rispetto delle sue testimonianze e a farsene carico (perché niente si fa da sé). Può darsi che qualche volta abbiamo esagerato nel coinvolgimento del presente, ma accettiamo e pubblichiamo – sempre – le critiche. Non crediamo alla torre d’avorio di chi non ama compromettersi. A noi piace, come tocca agli archeologi, sporcarsi le mani. Con la terra di ieri che è anche quella di oggi.
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”