Notre-Dame di Brescia Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 99 – maggio/giugno 2003
pp. 76-80

di Paolo Moreno e Lucia Miazzo

La mostra sul celebre bronzo della Vittoria rivela la statua ellenistica di Afrodite che era stata trasformata nella personificazione romana al tempo di Vespasiano

«Dov’è la Vittoria?». L’interrogazione vibra nell’inno di Goffredo Mameli, tornato di attualità con l’Europa delle patrie. Pochi sanno che in quei versi, composti nel 1847, c’è la suggestione di una scoperta archeologica di grande risonanza nel nostro Risorgimento. Il 20 luglio 1826 era stato rinvenuto a Brescia un eccezionale deposito di bronzi antichi. Il materiale stava ammassato nell’intercapedine tra il tempio principale della colonia, il Capitolium (dedicato alla triade di Giove, Giunone e Minerva, quali venivano onorati sul Campidoglio di Roma), e il colle retrostante (acropoli dell’iniziale abitato celtico), che avrebbe assunto in età umanistica il mitico nome di Cidneo. Elementi di decorazione architettonica, pettorali di cavalli da monumenti equestri, prestigiosi ritratti imperiali e altri frammenti accompagnavano la statua pressoché intatta della Victoria, simbolo della gloria di Roma che presto apparve auspicio delle sorti d’Italia. Esposta nel Museo costituito nel tempio fin dal 1830, l’opera non ha cessato d’interessare gli studiosi e affascinare il pubblico.

L’impulso dato negli ultimi anni alla valorizzazione del patrimonio culturale di Brescia, con la costituzione dell’esemplare Museo della Città nel complesso di Santa Giulia (vedi: AV n. 98), ha portato al trasferimento dei bronzi nella nuova sede, quindi a un preliminare intervento di restauro su quella che è tra le più popolari icone dell’arte antica. Nell’aspetto in cui ci è giunto, il bronzo impersona la Victoria che ha terminato d’incidere un’iscrizione celebrativa su di un clipeus (scudo circolare, oggi perduto) poggiato sulla gamba flessa, e la segnala agli spettatori con la punta del caelum (cesello, parimenti mancante) di cui si era idealmente servita. Nella mano sinistra il pollice è verso di noi, l’indice passava sopra l’orlo del clipeo, le altre dita dietro a serrare: sul medio resta un foro per il tenone dell’oggetto. La destra stringeva l’asta dello strumento incisorio tra pollice e medio, con l’indice che faceva pressione dall’alto per trattenerla, nell’atto che usiamo per scrivere. […]