Curarsi a Roma: come? Vita da romani

Archeologia Viva n. 98 – marzo/aprile 2003
pp. 88-90

di Fabrizio Paolucci

L’inveterata fiducia nelle pratiche tradizionali ritenute nobili ed efficaci come tutto ciò che apparteneva alla tradizione dei padri ostacolò a lungo la diffusione della medicina scientifica ippocratea

In una delle sue novelle, Fedro racconta di un pessimo calzolaio che, per caso, inventò un antidoto di tale efficacia da assicurargli la fama di grande medico. Così, conclude il favolista, mentre prima nessuno gli aveva affidato i piedi, tutti, ora, erano disposti ad affidargli la salute (1, 14). L’aneddoto, certamente inventato, fotografa uno scorcio di società antica, nella quale chiunque, anche senza alcuna preparazione specifica o esperienza, poteva improvvisarsi medico o chirurgo. Tale situazione, assurda ai nostri occhi, non mancava di inquietare i più avveduti. Plinio il Vecchio afferma che «l’arte medica è la sola in cui il primo venuto che pretenda di esercitarla è creduto ciecamente, quando non ne esiste un’altra in cui l’impostura abbia conseguenze peggiori» (Naturalis Historia 29, 17-18).

Tale situazione giustifica, almeno in parte, la profonda diffidenza che i Romani ebbero sempre nei confronti dei medici e della medicina. In un altro passo della sua Naturalis Historia, Plinio sostiene che i Romani erano sopravvissuti benissimo per seicento anni, prima che in Italia arrivassero i medici. La mancanza di medici “scientifici”, formati ai precetti della medicina greca, non significava, in effetti, l’assenza di ogni forma di cura. Per molti secoli il “medico di famiglia” era stato il pater familias, il patriarca, custode di segreti semplici ed empirici ai quali affidavano le speranze di guarigione congiunti e schiavi. Catone il Censore (234-149 a.C.) fu l’esempio più tardo di questa concezione “privatistica” della medicina, di cui lo stesso Catone fa una bandiera di orgoglio culturale contro il diffondersi dei medici greci e della loro scienza. Tale odio si spiega, in realtà, nel più vasto quadro dell’esaltazione della tradizionale virtus romana insidiata dai modelli culturali ellenici, punto di forza della politica catoniana, e chiarisce, almeno in parte, l’atteggiamento paranoico di Catone che arriva a proibire al figlio di servirsi di medici greci, poiché è certo che essi avevano stretto un patto segreto per uccidere tutti i barbari. […]