A proposito di moneta comune La voce della storia

Archeologia Viva n. 97 – gennaio/febbraio 2003
p. 77

di Jacques Le Goff

Al pari della Comunità Europea le società organizzate si sono sempre dotate in breve tempo di un proprio mezzo valutario in grado di favorire gli scambi all’interno e più ancora all’estero

Nella storia delle società europee la Cristianità medievale (prefigurazione dell’Europa) ha segnato con la sua impronta creativa anche l’ambito monetario.
Come tutte le società, in ogni luogo e in ogni epoca, la Cristianità ha infatti usato la moneta come un mezzo economico, politico e anche simbolico. Una funzione, quest’ultima, che perpetua il carattere sacro che la moneta ha avuto fin dalla sua nascita. Il difficile parto europeo è del resto un chiaro esempio di come la moneta faciliti e addirittura permetta gli scambi; ma anche di come essa sia non solo espressione di una politica, ma mantenga un legame strettissimo con il potere. Potere che la moneta è in grado di caricare – è uno dei suoi aspetti principali – con elementi che fanno riferimento al prestigio, alla simbologia, all’immaginario.

L’Europa medievale conosce una dissoluzione della moneta dovuta alla scomparsa dell’impero romano, di un potere unico e forte, e alla quasi completa sparizione degli scambi economici basati sul denaro, in particolare il commercio a lungo raggio. Tutto ciò trascina con sé la scomparsa della moneta d’oro, ridotta dai sovrani romano-germanici a nulla più di un prestigioso gettone nel quale la funzione simbolica ha la meglio sul ruolo economico. Carlomagno riesce a mettere solo un po’ d’ordine in questa situazione di decadenza monetaria. Uniforma il sistema monetario di conto sulla base del sistema romano antico; ma a lire, soldi, denari non corrisponde alcun pezzo di conio reale o comunque dei pezzi coniati in leghe diverse e dal diverso valore. Il conio in oro viene abbandonato in favore del monometallismo argenteo. […]