Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 97 – gennaio/febbraio 2003

di Piero Pruneti

Questa volta è Roma la protagonista. E la civiltà che la “città eterna”, nel bene e nel male, seppe esprimere e tramandare. Tre lunghi articoli sono dedicati ad altrettanti aspetti diversi della romanità. Il primo, al suo carattere assolutamente grandioso e spettacolare, visto attraverso un materiale, il marmo – o meglio i marmi -, che più di ogni altro poteva dichiarare la potenza dell’Urbe. I marmi, di ogni tipo, di ogni colore, ricoprivano gli ambienti pubblici e privati di Roma in una misura e con una cromaticità inimmaginabili. Giungevano da ogni parte dell’impero, erano i materiali più costosi da trasportare, i più adatti a dare il senso della magnificenza, dietro a cui stavano ricchezza, organizzazione, Stato.

L’uso e il disuso dei marmi segnò la lunga parabola della città e del suo potere. Dopodiché, non ci sarà imperatore, papa, re, duce che non farà ricorso al marmo per scenografici spazi ufficiali o fastose residenze. Oggi in cima alla parabola ci sono gli Stati Uniti, con le loro architetture discutibilmente ispirate, insieme alla loro politica (e al loro destino), ai gusti di Roma antica, con le famiglie più ricche degli States (e del mondo) che in casa vogliono marmi e tarsie, certo battute in sfarzo e sperpero dai principi arabi del petrolio.

Nella storia dell’umanità il marmo sembra tuttora imporsi quale metafora di certezza, di un ordine superiore, regionale o mondiale; anche di profonde ingiustizie (interne e planetarie), di guerre che, con pretesti vari, assicurano il controllo delle materie prime e dei commerci. Roma stessa, Roma di marmo, fu maestra e rimane metafora di tutto questo. Gli altri due articoli ci portano nell’immediata periferia dell’impero, in Tuscia, nel sito della vicina ed elegante Ferento, e in una delle sue remote estremità, in Pannonia, in quella Carnuntum legionaria e civile del confine danubiano che ci immaginiamo efficientissima nella sua funzione di città imperiale al cospetto dei barbari.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”