Echi celtici dal Friuli Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 96 – novembre/dicembre 2002
pp. 80-83

di Laura Guasti

Gli elementi “celtici” che emergono dagli scavi e dalla cultura del Friuli-Venezia Giulia contribuiscono al grande quadro
di un popolo estremamente composito e dai contorni sfumati per secoli protagonista in Europa

Le uniche fonti scritte che riportano frammenti di storia delle popolazioni celtiche appartengono paradossalmente a una cultura lontanissima da quella dei leggendari guerrieri, che siamo abituati a immaginare a cavallo, ornati del tipico collare metallico, il torques. Autori classici come Diodoro Siculo, Polibio, Plinio il Vecchio, Tito Livio hanno contribuito, con le loro descrizioni, a costruire l’idea dei Galli – i Celti nelle fonti romane – come guerrieri rozzi, selvaggi, bellicosi, ma anche impavidi. Per Strabone (Geografia IV 14,2), che attinge da Posidonio (filosofo e scienziato greco nato ad Apamea in Siria nel 135 a.C. – ndr), «tutta la razza chiamata oggi gallica o galata ha la passione della guerra; è irascibile pronta alla battaglia, per il resto è semplice e senza malizia. Quando vengono eccitati, quando si vuole, dove si vuole, per il primo pretesto venuto, li si trova pronti a bramare il pericolo, senza avere, per gettarsi nella lotta, altra cosa che la loro forza e la loro audacia».

Sono le scoperte archeologiche che gettano maggiore luce su una civiltà complessa e affascinante: verso la metà del XIX secolo viene esplorata la necropoli di Hallstatt (cittadina austriaca del Salzkammergut), costituita da più di novecento sepolture della prima età del Ferro, che offre il quadro del livello di civiltà raggiunto dai Celti nella loro sede originaria a nord delle Alpi tra il IX e il V sec. a.C. Nel 1874 iniziano gli scavi a La Tène, presso il lago di Neuchatèl in Svizzera, che mostrano i progressi dei popoli celtici nella seconda età del Ferro (seconda metà I millennio a.C.), tanto che deriverà da qui il termine “lateniano” per indicare le classi di oggetti e il repertorio iconografico che insieme a religiosità e cultura materiale permetteranno il riconoscimento di un’unica vasta civiltà, quella dei Celti.

Le genti della cultura di Hallstatt escono dall’anonimato grazie agli storici greci a partire da Ecateo di Mileto (VI sec. a.C.) e compaiono nella storiografia con il nome di Keltoi. In sostanza appare corretta l’indicazione di Erodoto: «…l’Istro (nome con cui Greci e Romani designavano il Danubio – ndr) scorre attraverso tutta l’Europa a cominciare dal paese dei Celti, che abitano le regioni più lontane dell’occidente d’Europa…» (Storie IV 49), infatti oggi si accetta l’estensione del territorio celtico grossomodo dal Rodano al corso superiore del Danubio. […]