Sui banchi di scuola nell’antica Roma Vita da Romani

Archeologia Viva n. 95 – settembre/ottobre 2002
pp. 90-92

di Fabrizio Paolucci

La società romana conobbe quanto di più simile è esistito ai nostri concetti di “scuola pubblica” e di “corpo insegnante”

Leggendo Marziale o Giovenale, che scrivevano nel I-II sec. d.C., scopriamo un mondo che in qualche misura sentiamo familiare. Nei versi dei due autori satirici la figura dell’insegnante, sia esso maestro “elementare” o docente di scuola “media”, è dipinta come quella di un poveraccio, sottopagato, sopraffatto da un lavoro alienante, sempre circondato da fanciulli scatenati. Tramontato ben presto il mito tradizionale del padre quale esclusivo modello educativo, un mito nato nel solco di quelle tradizioni aristocratiche vetero repubblicane tanto amate da conservatori come Marco Porcio Catone, già alla fine del III sec. a.C. si pose il problema di un’istruzione “privata” o “pubblica” per i pargoli.

In realtà, il termine “pubblico” è inesatto per descrivere la scuola romana, che non era pagata dallo Stato, ma di fatto era dovuta all’iniziativa di singoli che, affittando uno spazio, davano lezioni collettive a fanciulli di ambo i sessi divisi in classes a seconda del loro grado di conoscenze. A tale soluzione si affiancava quella di un’educazione privata, svolta da pedagoghi, servi o liberti, che, in casa, si prendevano cura dell’educazione dei fanciulli. Ma quest’ultimo modello era evidentemente esclusivo della società bene e non c’è dubbio che era molto più diffusa la soluzione precedente. Il livello inferiore di istruzione, il ludus letterarius, il ‘passatempo letterario’ che andava dai sette agli undici anni e forniva i rudimenti della scrittura e del calcolo, era aperto a maschi e femmine e socialmente accessibile per i prezzi molto popolari.

Sappiamo che l’onorario di insegnanti di qualsiasi “ordine” nel I sec. d.C. non superava venti sesterzi al mese, lo stipendio di un uomo di fatica e, ancora agli inizi del IV sec. d.C., come ci informa l’editto De pretiis emanato da Diocleziano, la somma che un maestro poteva esigere per ogni singolo alunno equivaleva a cinquanta svalutatissimi denari dell’epoca, per cui, se un insegnante voleva guadagnare come un artigiano non specializzato, doveva mettere insieme classi di almeno trenta ragazzi. […]