Vendi un monumento, costruisci una strada… Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 95 – settembre/ottobre 2002
pp. 80-84

di Stefano Benini e Valerio Ricciardi

Non è proprio il massimo che ci si poteva aspettare per la tutela del Bel Paese: ora il patrimonio ambientale e culturale dello Stato è davvero a rischio perché l’ormai famoso decreto Tremonti ne consente la vendita per risanare il deficit e finanziare le opere pubbliche

In varie occasioni abbiamo espresso perplessità in merito allo smobilizzo del patrimonio storico-artistico dello Stato, e alla dilagante privatizzazione della cultura (vedi: AV n. 73, AAA Patrimonio vendesi; AV n. 76, Monumenti in vendita?). Il sospetto è che dietro alle conclamate esigenze di efficienza gestionale e di migliore fruibilità collettiva, si nascondano mire speculative, orientate in tutt’altra direzione. Con il decreto legge n. 63 del 15 aprile scorso (poi convertito in legge n. 112/2002 – ndr) nel quadro della consueta manovra finanziaria correttiva nel corso dell’anno, il patrimonio storico-artistico di proprietà dello Stato è stato chiaramente immolato alle esigenze di bilancio. Checché ne dicano i sostenitori, è un dato che si evince dalla semplice lettura del decreto stesso. In due articoli, il 7 e l’8, è istituita una società per azioni, chiamata Patrimonio dello Stato s.p.a., a esclusiva partecipazione pubblica, alla quale, al fine della «valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato», può essere trasferita la proprietà di immobili appartenenti allo Stato, ivi compresi quelli di interesse artistico e storico. I beni possono successivamente essere trasferiti ad altra società, la Infrastrutture s.p.a., questa invece a possibile partecipazione privata, che ha il compito di finanziare le infrastrutture e le grandi opere pubbliche. […]