San Vigilio a Trento: il cristianesimo alla fine dell’Impero Fra Romanità e Medioevo

Archeologia Viva n. 95 – settembre/ottobre 2002
pp. 54-67

di Enrico Cavada e Iginio Rogger; a cura di Fabrizio Paolucci

Trent’anni di scavi nelle viscere della cattedrale tridentina hanno consentito di ricostruire l’aspetto e la storia di un’imponente basilica paleocristiana eretta a testimoniare il sacrificio degli ultimi martiri nella lotta contro il paganesimo

Agli inizi del V secolo, nei confini dell’impero romano d’Occidente ormai prossimo alla fine, il cristianesimo era ancora la religione delle città e dei ceti medioalti, non quella della popolazione rurale che, dispersa in piccoli villaggi (pagi, in latino, da cui il termine pagani, ‘abitanti dei villaggi’, per indicare tout-court i non cristiani), rimaneva tenacemente fedele ai riti degli «dèi falsi e bugiardi».

Nella stessa Italia le sacche di resistenza erano talmente vaste e radicate da spingere i vescovi a promuovere campagne di evangelizzazione, rivolte verso commercianti e proprietari terrieri, nelle cui proprietà si costituirono le prime cellule di conversi, affidate a missionari che non esitarono anche ad affrontare il martirio nei casi di più profonda intolleranza. Vasta eco ebbe la vicenda dei tre missionari della nascente chiesa trentina, Sisinio, Martirio e Alessandro, che – stranieri per religione e per stirpe – furono inviati tra gli abitanti dell’odierna Valle di Non, l’antica Anaunia. Qui, nel maggio del 397, subirono il martirio dopo una sequenza di fatti drammatici vissuti e descritti dal loro vescovo Vigilio in due documenti originali.

Il culto di questi uomini santi si diffuse in tutta l’Italia settentrionale, favorito dai vescovi di Milano, Brescia e Torino che, del loro sacrificio, fecero il simbolo della lotta contro le resistenze pagane. Le più importanti comunità cristiane del Nord se ne contesero le reliquie ma, a eccezione di alcuni frammenti di ossa inviati a Milano all’indomani del martirio (dove la loro memoria appare molto radicata al punto da riconoscere ai tre missionari il titolo di consortes e fratres di Ambrogio) e in qualche altra diocesi (Ravenna, Costantinopoli), i loro corpi trovarono degna sepoltura nella città di Trento, da dove erano partiti. […]