Antichi “friulani” a Castelraimondo Dentro lo scavo

Archeologia Viva n. 94 – luglio/agosto 2002
pp. 78-83

di Marco Cavalieri e Sara Santoro

A Forgaria nel Friuli i resti di un villaggio millenario riportati in luce sulla cima di un colle riflettono le principali vicende che dal tempo dei Reti al Medioevo interessarono la regione nordorientale della Penisola

Il colle di Castelraimondo, un’altura di 438 metri alle propaggini delle Alpi Carniche, sulla confluenza del torrente Arzino nel Tagliamento, ha sempre offerto una chiara posizione strategica, consentendo il controllo di un ampio tratto della pianura friulana, da Osoppo fino al mare di Grado, nonché della stretta valle fluviale dell’Arzino, un percorso abbreviato e protetto attraverso la Carnia in direzione dei passi alpini e l’Austria. Gli scavi hanno dimostrato che il luogo è stato abitato a partire dal IV sec. a.C. – un’età ancora protostorica per il Friuli – quando la cima della collina fu occupata da un villaggio munito di una fortificazione abbastanza rudimentale, un aggere di pietre, e formato da alcune abitazioni di tipo alpino, cioè con basamento in pietra seminterrato e alzato in legno.

L’inquietante dimora di un capo-sciamano. Particolare interesse nei ricercatori ha destato il più grande di questi edifici della prima fase dell’abitato (IV sec. a.C.), posto sul punto più alto della collina, dalle dimensioni insolite (m 15×7), articolato all’interno in un corridoio laterale e tre ambienti consecutivi. L’ambiente centrale conservava le tracce di un rito di fondazione, consistente in due cerchi di pietre e alcune offerte votive, mentre quello più interno presentava un grande focolare e, in momenti diversi, vi erano stati deposti undici resti di feti umani e di bambini nati morti.

Nel medesimo ambiente sono state rinvenute anche molte ossa di animali frammentate intenzionalmente e in modo inusuale – quindi non resti di pasto – spesso recanti incisioni lineari e tracce di colore, che fanno pensare a pratiche magiche. Insieme alle dimensioni dell’edificio e alle deposizioni rituali, i reperti che abbiamo visto ci suggeriscono che questa casa aveva un valore sacrale, quale residenza del capo-sciamano e luogo di culto della piccola comunità sulla collina. La presenza di un simile edificio qualifica l’intero insediamento come sede di un potere religioso e politico: lo confermano anche altri materiali ritrovati, segni di distinzione, fra cui un vasetto con iscrizione in alfabeto retico. […]