Palafitte a Poggiomarino: una Venezia sul Sarno Futuro del passato

Archeologia Viva n. 94 – luglio/agosto 2002
pp. 72-76

di Piero Pruneti

Il tempo (molto scarso) dello scavo e andrà distrutto il grande insediamento tornato in luce vicino a Pompei in un labirinto di isolotti e canali: quasi certamente furono i suoi abitanti a originare la città del Vesuvio

Pochi chilometri a nordest di Pompei, in località Longola di Poggiomarino (Na), è tornato in luce un insediamento dell’età del Bronzo. Si tratta di una scoperta straordinaria, definita dagli archeologi che ci lavorano una “Venezia di 3500 anni fa”: un arcipelago di isolotti e canali artificiali che fa pensare all’esistenza di un consistente porto fluviale sul Sarno.

Lo scavo, effettuato dalla Soprintendenza archeologica di Pompei in occasione delle indagini preliminari in un’area interessata dalla costruzione del depuratore delle acque del medio corso del Sarno, sta mettendo in luce una serie di abitati, sovrapposti l’uno all’altro, databili dal II millennio a.C. (tarda età del Bronzo) fino a tutto il VII sec. a.C. È la prima volta che in Campania si rileva una continuità di insediamento per questo periodo di tempo e la presenza di palafitte, finora rinvenute soltanto nella pianura padana, del tipo terramare, cioè abitati cresciuti nel tempo su se stessi formando cumuli di materiale organico. Sono scoperte che aprono nuovi scenari e interpretazioni della protostoria in tutto il Meridione.

Il luogo è caratterizzato da piccoli isolotti delimitati da canali, i cui bordi risultano rafforzati con pali dall’estremità appuntita e da tavole poste verticalmente a formare una sponda. A più riprese questa è stata ricostruita e il canale ristretto. Varie tavole, travi squadrate e tronchi erano utilizzati per accrescere gradualmente la piattaforma che ospitava le strutture abitative e che veniva regolarmente sopraelevata per restare al di sopra del livello dell’acqua del canale. La superficie degli isolotti, bonificata e rialzata con varie tecniche nel corso dei secoli, conserva i resti delle capanne. Le suppellettili confermano la presenza di una comunità dedita anche alla lavorazione del bronzo e dell’ambra. Dopo un’ultima alluvione l’abitato si allarga e occupa l’area dei canali che vengono anch’essi bonificati. Comunque, nella prima metà del VI a.C. la zona viene abbandonata. […]