Effetto Alba Fucens Romani in Abruzzo

Archeologia Viva n. 94 – luglio/agosto 2002
pp. 20-39

di Adele Campanelli, Cesare Letta, Daniela Liberatore, Maria Rita Sansi e Daniela Villa

In uno dei luoghi più intatti e suggestivi dell’Appennino abruzzese alla metà degli anni Cinquanta prendevano avvio gli scavi dell’importante colonia centroitalica con cui i Romani consolidarono il dominio sullo strategico territorio degli Equi
Un brano magnifico di romanità destinato a parco archeologico e ora proposto in una mostra ad Avezzano

Non sono molti i luoghi dove si sente così la presenza del passato. Uno è certamente Alba Fucens il cui isolamento nel paesaggio storico ne connota la caratteristica estraneità al mondo moderno. Gli odori di erbe selvatiche in primavera o di legna bruciata in autunno, ai primi freddi, nel ricordo del visitatore attento legano questo luogo arcano al cielo terso di aprile e alle nebbioline dei tramonti di novembre. La qualità di un sito archeologico è anche nell’ambiente che lo circonda, nella quiete, nella sensazione di immobilità che lo colloca nel fiume della storia. Alba Fucens è stata fortunata.

Una serie di circostanze che nel passato hanno reso impossibile lo sviluppo della Marsica (la crisi economica precedente e seguente le vicende del prosciugamento del lago Fucino, il terremoto e in genere la povertà endemica di questa terra) hanno di fatto impedito la crescita di Aia di Santa Maria, il piccolo villaggio erede dell’antica colonia romana, fissandolo nelle ridotte dimensioni in cui ancora oggi lo vediamo, una quarantina di famiglie composte per lo più di anziani. Tutto questo ha favorito la conservazione delle rovine di Alba, così come le avevano ritratte i viaggiatori ottocenteschi, e insieme di ampie porzioni di una spessa coltre di terra sotto la quale la città antica è stata custodita intatta sino a cinquant’anni fa. Un po’ meno fortunati i suoi abitanti moderni e in genere i marsicani, per i quali questa potenziale risorsa culturale non è stata in grado di compensare le limitazioni alla crescita economica imposte dalle necessità di tutela di un sito così importante e “ingombrante”. […]