Le arti di Efesto. Capolavori in metallo Grecia e Magnagrecia

Archeologia Viva n. 93 – maggio/giugno 2002
pp. 22-37

di Marina Rubinich e Alessandra Giumlia Mair

Dagli oggetti del vivere alle grandi opere della statuaria l’immagine di millenarie generazioni di artefici è richiamata dal “vulcanico” dio Efesto a cui è dedicata una mostra sulle produzioni di quella autentica fucina di civiltà che fu la Magna Grecia

Efesto era il dio greco del fuoco e degli artigiani, in particolare di chi lavorava il metallo. A lui è ora dedicata una mostra in corso alle Scuderie del Castello di Miramare, dove viene presentata la straordinaria produzione degli artigiani greci dell’Italia meridionale specializzati nella lavorazione di bronzo, argento e oro, fra il VI e il III-II sec. a.C. Si tratta di un arco cronologico che non comprende tutta la storia delle città fondate dai Greci sulle coste della nostra penisola a partire dalla seconda metà dell’VIII sec. a. C., ma soltanto il periodo della loro maggiore prosperità, fino alla conclusione di questa parabola, segnata dalla conquista romana, al termine della seconda guerra punica (205 a.C.). L’ambito geografico è quello della Magna Grecia, intesa nella sua massima estensione territoriale, comprendente cioè tutte le regioni dell’Italia meridionale, dalla Campania alla Puglia, fino allo stretto di Messina.

Gli artigiani di tutto il mondo greco, dall’Egeo e dal Mar Nero all’Occidente, furono maestri nel lavorare i metalli conosciuti, e cioè l’oro, l’argento, il bronzo e anche il piombo. L’oro e l’argento sono i metalli preziosi per eccellenza, la materia prima per i gioielli, da sempre quintessenza di ricchezza e lusso. L’argento è anche la materia prima per coniare le monete (l’eccezionale strumento per gli scambi commerciali adottato dalle città della Magna Grecia nella seconda metà del VI sec. a.C.) e, soprattutto a partire dal IV sec. a.C., per straordinari esempi di vasi e contenitori dalla complessa decorazione arricchita da dorature.

Ma anche il bronzo era considerato prezioso nell’antichità, perché era difficile reperire le materie prime (rame e stagno) necessarie a realizzarne la lega e pochi erano coloro che possedevano la téchne, le capacità tecniche, per lavorarla a regola d’arte. La grande scultura, prodotta dagli artisti più noti della storia dell’arte greca, era per lo più in bronzo, ma pochissimi sono gli originali conservati, proprio perché spesso questi furono rifusi per recuperare il prezioso metallo. Riflessi dell’evolversi della grande scultura attraverso il tempo ci vengono tuttavia dalle statuette e dalla decorazione figurata di oggetti di minori dimensioni, come specchi, candelabri, bruciaprofumi, lucerne, vasellame per le riunioni conviviali, frutto dell’abilità tecnica dei bronzisti greci. Non si tratta di oggetti usati proprio nella vita di tutti i giorni, ma in occasioni speciali, importanti per la vita sociale delle poleis (le città greche e magnogreche), come ad esempio le riunioni conviviali e le feste in onore degli dèi. In bronzo erano anche realizzate parti di armi, e sono giunte a noi le più belle, quelle da parata: elmi e scudi, con dorature, raffinate decorazioni a cesello e a sbalzo e inserti polimaterici. Statue di divinità e di eroi ornavano i templi e le aree sacre.

Oreficerie, vasi, armi da parata e altri oggetti in bronzo e in argento, sempre riccamente ornati, erano deposti nelle tombe accanto al defunto, a testimoniare la sua ricchezza e la sua posizione sociale, oppure erano offerti agli dèi nei santuari, dove, insieme a rendite d’altra natura e denaro, costituivano il “tesoro” della divinità. […]