Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 92 – marzo/aprile 2002

di Piero Pruneti

Gli argomenti di questo numero ci portano nel vivo della ricerca italiana esemplificandone alcuni significativi interventi nella penisola e all’estero (con i nostri archeologi che, nonostante l’angustia dei bilanci e l’assenza d’incisive scelte ministeriali, riescono a far marciare la macchina…). Cominciamo pure dall’archeologia delle acque, mai stata oggetto di una seria volontà di strutturazione, in un Paese come il nostro al centro del Mediterraneo, con ottomila chilometri di coste e interessato per secoli da intensi rapporti con tutti i popoli del bacino. La ricerca nel settore funziona a macchia di leopardo, legata alle persone più che alle istituzioni. L’articolo sulle scoperte di San Marco in Boccalama ci porta nella laguna veneta, forse l’unico caso d’Italia dove l’indagine subacquea sia il risultato di una programmazione nel tempo su scala territoriale. Di grande rilievo, scendendo in Campania sulle rive del Sele, è la realizzazione del Museo “narrante” del tempio di Hera Argiva: è importante – speriamo che faccia scuola – un museo archeologico che nasce per parlare alla gente, per comunicare…

Poi la ricerca italiana all’estero: ci sorprende ogni volta che la guardiamo da vicino. È un’attività silenziosa, in gran parte impostata sull’entusiasmo di chi vi partecipa, disseminata in decine di paesi con un centinaio di missioni grandi e piccole, per qualche migliaio di operatori coinvolti. È facile incontrare all’estero i nostri archeologi, restauratori, studenti. Li incontrano spesso i viaggiatori di Archeologia Viva nei loro tour. Sulla rivista non possiamo parlare di tutti, ma quando presentiamo il lavoro di qualche missione – in questo numero ecco Iasos di Caria – cerchiamo di farlo nel modo più completo per dare la misura di una realtà che ci fa onore. Proponiamo infine un’approfondita inchiesta sulle indagini di recente condotte su Ugolino della Gherardesca, la cui sconvolgente vicenda, vivissima in ognuno di noi almeno per i ricordi scolastici, avrebbe richiesto molta più prudenza scientifica e anche un po’ più di rispetto. Ci si è serviti della memoria collettiva della tragedia del Conte e dei suoi per fare notizia, per fare spettacolo. Con quanta sicurezza di elementi lo lasciamo giudicare a voi. Appunto, l’archeologia spettacolo: un genere televisivo. Fortunatamente non ancora disciplina universitaria.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”