La stele di Aksum la restituiamo sì o no? Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 91 – gennaio/febbraio 2002
pp. 48-55

di Stefano Benini, Giuseppe Claudio Infranca e Valerio Ricciardi

Senza trovare il coraggio di una decisione definitiva si allunga il dibattito sull’opportunità culturale e politica della restituzione dell’imponente stele “romana”
Intanto ricordiamoci di come questo monumento è arrivato in Italia e del suo significato per la nazione etiopica

A chi appartiene un bene archeologico? Alla nazione che geograficamente lo possiede per genitura o a chi è riuscito in vari modi a impossessarsene? Ancora imperversano le polemiche tra il privato contro lo Stato, i musei contro i governi, Stati contro altri Stati, che rivendicano beni archeologici sottratti in passato, quando il valore dell’antico non era giudicato come oggi e una nazione che s’impossessava di un territorio si sentiva in diritto di esproprio culturale.

All’inizio del XIX secolo Lord Elgin trasportò in Inghilterra i marmi del Patendone con il permesso delle autorità turche che allora amministravano la Grecia; oggi quelle sculture si trovano al British Museum e i Greci le rivogliono. Il Museo di Berlino custodisce il busto della regina Nefertiti, esportato illegalmente dall’Egitto. Il governo messicano rivendica al Museum of Mankind di Londra le architravi maya di Yaxchilan…

L’ultimo importante ratto di beni archeologici è stato quello della Stele di Aksum, trasportata a Roma per celebrare la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia fascista. Sono tutti casi emblematici di una cultura di matrice colonialistica, che raggiunse l’apice nell’Ottocento. […]