Quando l’arte è in fuga Futuro del passato

Archeologia Viva n. 89 – settembre/ottobre 2001
pp. 78-79

di Fabio Maniscalco

I furti d’arte vanno per la maggiore rispondendo alle esigenze di un mercato collegato alle richieste della malavita e di quanti fanno del bene culturale un feticcio del proprio potere

Il numero di oggetti d’arte rubati da chiese, musei, siti archeologici, collezioni pubbliche e private è cresciuto in maniera esponenziale dal dopoguerra a oggi, in particolare dagli anni Settanta. Le cause sono molteplici. In primo luogo l’evoluzione della criminalità organizzata, alla continua ricerca di sistemi per riciclare i profitti illegali. Mentre una minima parte di tali proventi è reinvestita in altre attività criminose, come il traffico di armi o droga, il grosso è prima trasformato in capitale lecito, quindi legalmente investito in attività finanziarie e immobiliari. Ma nell’ultimo ventennio sono stati compresi i vantaggi dell’acquisto di oggetti d’arte che, oltre a fornire la garanzia di una rivalutazione del capitale nel corso degli anni, assicurano l’anonimato del denaro sporco. In questo modo prestanome o criminali incensurati entrano in possesso di opere con la complicità di antiquari e case d’asta compiacenti.

Molto attive sono le organizzazioni nipponiche e statunitensi, e in particolare la criminalità europea che, con la mediazione di fiduciari o finanziarie d’oltreoceano e attraverso fantasiosi passaggi di proprietà, entra in possesso di opere di straordinario valore senza lasciare traccia. Si accresce il numero di collezionisti malavitosi che hanno bisogno d’investire in tempi rapidi e al tempo stesso vogliono arricchire le proprie collezioni con pezzi particolari. Per scongiurare denunce di ricettazione, si privilegia l’acquisto da stati esteri, magari in situazione di conflitto armato, oppure di opere smembrate o alterate dopo il “colpo”. Il mercato clandestino è comunque favorito dall’inadeguatezza delle norme. In Italia la tutela del patrimonio è disciplinata, per buona parte, dalla storica legge n. 1089 del 1939, all’avanguardia quando fu promulgata, ma che – con il mutare della società e del rapporto uomo-territorio, lo sviluppo edilizio e delle vie di comunicazione, l’accresciuta domanda di opere d’arte come forma di investimento, la nascita di nuove tecnologie e l’evolversi della criminalità – mostra tutti i suoi sessant’anni. Ladri e ricettatori possono ricorrere così a vari espedienti per evitare denunce. Si aggiunga lo scarso effetto deterrente di pene e sanzioni particolarmente blande in fatto di tutela dei beni culturali. […]