Esterzili: la sacerdotessa e la mosca assassina Dentro lo scavo

Archeologia Viva n. 88 – luglio/agosto 2001
pp. 62-67

di Maria Ausilia Fadda

Torna in luce nel cuore della Sardegna un tempio nuragico con il suo ripostiglio di vivaci bronzetti votivi
E in tremila anni non è mai venuta meno la leggenda popolare sui misteriosi poteri di una maga del luogo

Esterzili, piccolo comune della Barbagia di Seùlo sui monti di una delle zone più incontaminate della Sardegna, vero e proprio nido d’aquila fra profonde vallate e altopiani di rocce sedimentarie dove si concentrano i resti degli insediamenti antichi… Le cronache archeologiche dell’Ottocento vi segnalavano già il tempio di Domu de Orgìa e il ritrovamento, in località Corte di Lucetta, di una tavola bronzea di epoca romana.

Antico conflitto fra contadini e pastori. Proprio dalla tabula di Esterzili vale la pena di iniziare il nostro discorso, per dare l’idea della valenza archeologica del territorio in questione. Lo straordinario documento, rinvenuto da un contadino nel 1886 e ora al Museo nazionale “G.A. Sanna” di Sassari, (forma rettangolare, misure 61×45 cm, peso 20 kg), registra nel testo latino un’annosa controversia fra popolazioni sarde romanizzate: i Galilenses, in prevalenza pastori, che sconfinavano nel territorio dei Patulcenses Campani, dediti invece all’agricoltura e che rivendicavano il possesso delle terre. Lo stesso testo porta la data del 18 marzo del 69 d.C. e fa riferimento a una precedente sentenza di fine II sec. a.C., a un’altra del 65-67 d.C. e a un’ultima sentenza del 67-68, con cui si ordinava ai pastori Galilenses l’abbandono delle terre poste lungo il confine. Addirittura, dopo il ritrovamento della tabula alcuni monumenti di epoca preistorica e protostorica della zona vennero attribuiti alla presenza romana. È noto che i Romani occuparono la Sardegna a partire dal 238 a.C., comprese le zone più interne che essi denominarono Barbaria, la Barbagia, il cui territorio corrisponde oggi alla provincia di Nuoro.

Taccu’e Linu: un altopiano strategico. Una ricognizione del 1990 ha evidenziato nel territorio di Esterzili ben cinquanta siti d’interesse archeologico, il settanta per cento dei quali di età nuragica, concentrati sulla sommità degli altopiani nei punti strategici per il controllo delle comunicazioni, in un territorio geologicamente tormentato, ma ricco di risorse economiche. Esemplificano bene le scelte degli antichi costruttori gli insediamenti sull’altopiano di Taccu’e Linu da dove si potevano controllare le miniere di piombo e zinco del monte Nieddu e il corso del Rio Flumendosa. In tutto il comune sono stati censiti otto nuraghi, fra cui i nuraghi Corti Eccia e Su Casteddu, edificati nel punto più alto, i nuraghi Monti e’ Nuxi e Genna’e Forru a mezza costa e i nuraghi Monti’e is Abis e Crasu Orgiu, del tipo a corridoio, paurosamente impostati su spuntoni di roccia che ne hanno condizionato la planimetria.

A questo numero relativamente limitato di nuraghi, dovuto allo spoglio a opera delle popolazioni, che in passato li hanno considerati vere e proprie cave di pietra, e al degrado naturale accentuato dalla stessa posizione esposta dei monumenti, si contrappone la presenza di ben sedici tombe di giganti che attestano l’esistenza di popolosi abitati nelle vicinanze. Le monumentali sepolture venivano costruite a gruppi, come tante piccole necropoli, secondo un costume documentato solo in alcuni siti dell’Ogliastra, dove i costruttori nuragici preferirono costruire diverse tombe di modeste dimensioni anziché una singola con una lunga camera funeraria, e, in Barbagia, a Madau (Fonni) e Sa Senepida (Orgosolo). Nell’altopiano di Taccu’e Linu si conservano i resti di tre tombe di giganti a breve distanza fra loro, con camere funerarie fra i quattro e i quindici metri di lunghezza. Altre tre tombe nuragiche sono presenti a Genna’e Cussa , quattro sul monte Nieddu. Le tombe di giganti di Pauli’eTrigus, Sa Xea’e Molas, Sa Ucca ‘e is Canis e S’Omo’e Nannis risultano, invece, isolate e in prossimità di nuraghi. […]