Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 88 – luglio/agosto 2001

di Piero Pruneti

Se l’archeologia si tinge di giallo… Succede abbastanza spesso e si tratta di vari tipi di giallo. Prima di tutto, logicamente, viene il “giallo archeologico”, un giallo sano e vigoroso, quando le indagini mettono insieme elementi che sembrano in contrasto fra loro o che sono insufficienti a chiarire la situazione, oppure che fanno luce su una vicenda obiettivamente dai contorni oscuri, a suo tempo tenuta nascosta e sulla quale ci si imbatte secoli e secoli dopo. Per questo, due numeri fa, abbiamo titolato “Giallo nella Valle dei Re” la pubblicazione di un’interessante indagine sulla tomba della necropoli reale di Tebe contrassegnata con la sigla KV55: una vicenda davvero intricata sotto tutti i punti di vista che offrirebbe materia per qualcosa di più di un articolo. Poi c’è il “falso giallo”, molto difficile da sradicare in archeologia, e si ha quando si vogliono vedere misteri a tutti i costi per fornire soluzioni… molto creative. Sempre l’Egitto è terra felice per questa tonalità (“giallo di Tutankhamon”, “giallo delle Piramidi”, “giallo della Sfinge” e avanti per tutta la valle del Nilo), ma non sono da meno gli Etruschi o tutte le civiltà precolombiane, dai contorni molto sanguinosi e spesso coinvolte in vicende con extraterrestri. Una volta sentii dire a un convegno che questo “falso giallo” è il colore dell’ignoranza. No, è il colore della fantasia, bellissimo, ma da non confondere con quello dell’archeologia, che come il colore di tutte le scienze positive può essere solo bianco o nero (grigio nelle zone incerte).

Esiste anche un “giallo negativo”, proprio delle cose che si notano perché non si vedono più o non se ne parla più da tempo. È il colore degli scavi e dei reperti di cui non si pubblicano gli studi dopo anni e anni dalla scoperta o di certi restauri interminabili e inaccessibili, come si trattasse di proprietà privata e non fosse nostro diritto sapere. L’archeologia è anche ricca di “giallo poliziesco”: reperti che spariscono da una parte, ricompaiono da un’altra e carabinieri del generale Conforti in caccia (vedi fra gli infiniti casi che ci toccano da vicino il “Doriforo di Stabia”, di cui abbiamo parlato nel numero scorso). Infine, in questo numero abbiamo anche il caso del “giallo suo malgrado”, cioè della vicenda che vorrebbe essere bianca o nera e che invece si tinge di giallo se la si osserva attentamente: l’articolo che vi suggerisco è lungo, ma senza dettagli non ne sarebbe emerso il vero colore…

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”