Messaggi archeosub da Giardini Naxos Archeologia subacquea

Archeologia Viva n. 87 – maggio/giugno 2001
pp. 84-85

di Sandra Scarpa

Le ultime scoperte subacquee sono state presentate nell’ormai storico appuntamento che da quattordici anni si tiene nella città erede della prima colonia greca in Sicilia

Si è rinnovato a Giardini Naxos l’appuntamento con l’annuale Rassegna internazionale di archeologia subacquea. L’evento, organizzato dal Comune di Giardini Naxos con la collaborazione dell’Azienda di Soggiorno e Turismo, della Soprintendenza per i beni culturali di Messina e del comitato scientifico di cui fanno parte alcuni nomi storici dell’archeologia subacquea italiana, costituisce, ormai da quattordici anni, un’occasione di incontro per studiosi ed esperti del patrimonio sommerso.

Fra le scoperte più recenti, Edoardo Tortorici (Università di Catania) ha illustrato il ritrovamento nel mare di Grado di un relitto di età repubblicana, con il conseguente recupero di due ceppi di ancora in piombo e di un’anfora integra (260-210 a.C) dal corpo a trottola e spalla con segno graffito. L’intervento, effettuato grazie alla collaborazione fra la Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia e delle università di Catania e Trieste, denota particolare interesse a causa della collocazione cronologica del relitto, che potrebbe costituire il più antico ritrovamento di archeologia subacquea nell’alto Adriatico.

Giovanni Di Stefano (Museo regionale di Camarina – Ragusa) ha presentato le ultime ricerche effettuate nella zona di Punta Braccetto (in prossimità del sito dell’antica colonia greca) dove, a soli cinque metri di profondità (tutto il mare del Ragusano presenta fondali insidiosi per la navigazione proprio a causa dei bassi fondali), fra i resti di un carico di età arcaica (VI sec. a.C.), si sono recuperate delle anfore corinzie e la parte superiore di un’anfora attica. Sempre lungo la costa camarinese, a Caucana, sul fondale sabbioso, è stata rinvenuta un’anfora romana con fascia figurata, rappresentante scene di argomento biblico ed evangelico, databile al IV sec. d.C.

Sempre in ambito siciliano, ma con riferimento all’isola di Lipari, Valerio Agnesi (Università di Palermo), Marcello Consiglio (Archeoclub di Lipari), Assunta Sardella e Maria Grazia Vanaria (Museo archeologico eoliano “Luigi Bernabò Brea”) hanno posto in evidenza l’importanza della secca del Bagno. Il sito, che è stato oggetto di campagne di rilevamento subacqueo per oltre un decennio, si è rivelato ricco di materiali di diversa provenienza e cronologia che attestano un’assidua frequentazione in età greca e romana.

Pur nella difficoltà di fornire dati certi sul contesto di appartenenza dei materiali recuperati, risulta possibile individuare due principali rotte commerciali che attraversavano il sito: una, la più frequentata, che interessava l’area del Tirreno centrale e meridionale, come attesta la presenza delle anfore, ad esempio, di tipo greco italico e corinzio e di dolia (grandi orci); l’altra, documentata da anfore puniche e betiche, che collegava la penisola italiana e la Sicilia alla Spagna meridionale e all’Africa settentrionale. La cronologia dei materiali, tra età classica e prima età imperiale romana, documenta una presenza più assidua tra II sec. a.C. e I sec. d.C. […]