Il Doriforo di Stabia Futuro del passato

Archeologia Viva n. 87 – maggio/giugno 2001
pp. 82-83

di Umberto Pappalardo

Tanto per non perderne la memoria: una copia della celebre opera di Policleto comparsa a Monaco come proveniente dalla città della Campania e ricomparsa negli States con diversa… didascalia è uno dei casi aperti legati al traffico clandestino dei reperti archeologici di casa nostra

L’argomento di cui tratterò, pur non costituendo una vera novità, serve a richiamare alla memoria qualcosa di molto importante per la conoscenza dell’antica Stabiae, fugacemente affiorato nelle cronache giornalistiche degli anni Ottanta. Correva appunto il 1980 quando l’Antikenmuseum di Monaco di Baviera esibì nella sua collezione una copia romana del Doriforo, la famosa statua di Policleto scolpita intorno al 440 a.C. Questa copia, alta 196 centimetri, in marmo pentelico, lo stesso utilizzato per costruire il Partenone, veniva orgogliosamente esibita come la migliore replica a noi nota del celebre capolavoro dell’artista di Argo, più bella ancora della copia di doryphoros proveniente dalla Palestra di Pompei esposta al Museo Nazionale di Napoli.

La statua messa in mostra dall’Antikenmuseum non era ancora in possesso di questo museo, ma lo sarebbe stata grazie a una sottoscrizione pubblica di sei milioni di marchi, pari a circa tre miliardi di lire dell’epoca. Fin qui tutto ammirevole, ma niente di eccezionale, se non fosse per la didascalia che diceva espressamente: “Doryphoros aus Stabiae“, ‘Doriforo da Stabia’. Un articolo de «Il Resto del Carlino», altri della «Frankfurter Allgmeine Zeitung» e infine uno de «Il Messaggero», ne scoraggiarono l’acquisto: la statua fu restituita al mercante e scomparve nel nulla, come se si fosse inabissata. Cosa affermavano di così deterrente quegli articoli? Che la statua era stata rinvenuta «…nel marzo del 1976 a Castellammare di Stabia da alcuni operai che stavano scavando le fondamenta di un edificio…» e che «…il prezioso reperto, invece di essere consegnato alla Soprintendenza archeologica della Campania, finì nelle mani di un noto antiquario romano, da anni punto di riferimento del traffico archeologico clandestino quindi, secondo una prassi consolidata, spedito in Svizzera […]».

Intorno al 1986 la statua riapparve negli Usa a Minneapolis, presso il Minnesota Museum of Art, ma questa volta la didascalia era cambiata: diceva che la statua era stata trovata agli inizi degli anni Trenta «in the sea off Italy», ‘nei fondali marini oltre l’Italia’, come a dire in acque internazionali (quanto si pensava bastasse a cancellarne le impronte di provenienza illecita…). […]