Tebe: “visita guidata” da Sergio Donadoni Antico Egitto

Archeologia Viva n. 87 – maggio/giugno 2001
pp. 36-53

di Francesco Tiradritti

Un volume su Tebe pubblicato dal famoso egittologo italiano è l’occasione per mettere a fuoco la storia millenaria e le grandiose testimonianze archeologiche della città “dalle cento porte” con l’immensa necropoli

Nell’ambito della serie “Centri e monumenti dell’antichità” la casa editrice Electa ha recentemente pubblicato Tebe, di Sergio Donadoni. Il libro è concepito come una minuziosa visita del sito che i greci conoscevano cotto questo nome (chiamato Uaset dagli antichi egiziani) e le cui magnifiche vestigia fanno ormai parte integrante di quell’accumulo di alberghi ed edifici dall’improbabile architettura che è oggigiorno la città di Luxor. Chi ci conduce in questa gita letteraria attraverso gli splendidi monumenti del sito, considerato uno dei più ricchi al mondo da un punto di vista archeologico, è una guida d’eccezione: Sergio Donadoni, decano degli egittologi italiani, fra i più stimati a livello internazionale.

La visita inizia in un luogo imprecisato della memoria, quello che racchiude le conoscenze che ognuno, in diversa  misura, possiede sull’antico Egitto. In questo spazio virtuale la nostra guida delinea per sommi capi la cultura faraonica e la storia dell’esplorazione archeologica di tebe. Poi, facendo uso del mezzo evocativo della poesia e ricorrendo alle parole di un’altra celebre egittoloa italiana, Edda bresciani, ci fa assistere alla creazione di Tebe, la città per eccellenza: «Testimonia Tebe per ogni città. / L’acqua e la terra erano in lei nella Prima Volta. / Venne la sabbia a circondare i campi / per creare il loro posto nella terra alta: allora esisté la terra. / Venne poi in esistenza l’umanità / per fondare ogni città per mezzo del suo nome vero / perché ‘città’ è chiamato il loro nome sotto la sorveglianza di Tebe, l’occhio di Ra / … / Tutte le città sono sotto la sua ombra / per magnificare se stesse per mezzo di Tebe. Essa testimonia.»

Veniamo così a sapere che per gli egizi, almeno a partire dal Nuovo Regno (1550-1075 a.C.), Tebe era città per eccellenza, un po’ come Atene per i greci, Roma per i romani. Ai tempi del massimo splendore, la sua magnificenza era tale da lasciare stupito un poeta come Omero che, nell’Iliade, la descrive come “la città dalle cento porte da cui passano duecento cavalieri”. La nostra guida ci spiega che però non fu sempre così e che, mentre nel Basso Egitto, a non molta distanza da Menfi, capitale del paese del Nilo durante l’Antico Regno (2575-2135 a.C.), si costruivano le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, nell’Alto Egitto, a sud, Tebe era poco più di un villaggio.

È a partire dall’XI dinastia (2135-1994 a.C.) che le fortune della cittadina altoegiziana cambiano, quando diviene per breve tempo sede della regalità, grazie al fatto che, alla fine del rimo Periodo Intermedio, i dinasti riunificarono dell’Egitto diviso erano originari della Tebaide. Tuttavia, nel corso del successivo Medio Regno (1994-1650 a.C.), la capitale fu spostata a Lisht, a nord. La Valle del Nilo attraversò poi un altro momento di divisione, il Secondo Periodo Intermedio, al termine del quale fuono di nuovo dei sovrani tebani (XVII dinastia, 1650-1550 a.C.) a riunificare il Paese. Ebbe inizio l’epoca nota come Nuovo Regno (1550-1075 a.C.), durante la quale Tebe conobbe il massimo splendore. […]