Tadrart Acacus: l’ultimo Sahara L'uomo e il deserto

Archeologia Viva n. 86 – marzo/aprile 2001
pp. 66-77

di Savino di Lernia

Come in uno sterminato museo questo imponente massiccio montuoso della Libia conserva le testimonianze ambientali e culturali del Sahara che fu
Sulla scia di una ricca tradizione di ricerca la missine italo-libica che opera nel Fezzan sta indagando l’ultimo capitolo di una lunga storia di popolamento nel quadro delle epocali ricede climatiche conclusesi con la desertificazione

Come in una sorta di scontato e ideale contrasto, siamo soliti associare il grande deserto alle piramidi del Cairo, alla civiltà egiziana: la sottile incisione del Nilo, verde e fertilizzante, è legata in maniera indissolubile alla presenza di un immenso vuoto – Sahara, appunto, in lingua araba – che però ci appare separato e distante dall’esplosione di uno dei più dei più importanti fenomeni culturali del mondo antico.

In realtà il Sahara è stato abitato a lungo e il segno di questa frequentazione è nei manufatti, nei resti di abitazioni e in una straordinaria galleria d’arte rupestre, che ne fanno un’autentica “palestra” per lo studio delle comunità antiche. Si tratta di aree molto sensibili ai mutamenti ambientali, soggette, più di altre regioni, alle variazioni di paesaggio, flora e fauna. I cambiamenti, di durata e intensità variabili, hanno a loro volta generato complessi meccanismo di adattamento nei gruppi umani che popolavano queste regioni. Nelle distese sahariane, il paesaggio archeologico delle popolazioni preistoriche è come se fosse stato congelato. Questo particolare fenomeno, congiuntamente all’assenza di un’aggressiva presenza umana in tempi storici, ha fatto sì che la documentazione archeologica ci sia giunta pressoché intatta. […]