L’archeologia in fumetti Archeologia e…

Archeologia Viva n. 84 – novembre/dicembre 2000
pp. 82-85

di Alberto Becattini

Da Zio Paperone a Martin Mystère i grandi personaggi dei fumetti – e soprattutto i relativi cartoonists – si sono misurati con i temi più noti dell’archeologia talvolta escogitando geniali soluzioni

Gli autori di fumetti si sono spesso ispirati all’archeologia, o meglio ai misteri che ancor oggi ammantano i siti archeologici. Realtà e leggenda hanno talvolta dato luogo a veri e propri capolavori in testo e immagini; e almeno in un caso, come vedremo, è stata la fantasia del cartoonist a suggerire quello che sarebbe accaduto nella realtà. Partiamo dunque per un breve, ma – speriamo – interessante viaggio attraverso alcune vere e proprie perle di quel fascinoso sottogenere che abbiamo voluto chiamare Archeo-Comics.

La Grande piramide di Khufu, o Cheope (2605-2580 a.C.), faraone della IV dinastia menfita, giganteggia come le sue vicine (le piramidi di Chefren e Micerino) nella piana di El-Giza, una decina di chilometri dal Cairo. Con la sua massa di sei milioni di tonnellate, la Grande piramide domina l’intera regione. È la sola sopravvissuta delle Sette meraviglie del mondo. Alta 138 metri e larga alla base 227 metri, è costituita da due milioni di blocchi di granito, del peso minimo di due tonnellate ciascuno. Ai suoi tempi misurava in altezza 148 metri ed era rivestita di bianche lastre di calcare. Alla fine del XII secolo, un terremoto devastò la città del Cairo e i fianchi della piramide di Khufu si trasformarono in cave di materiali per la ricostruzione.

Da sempre si narra che nella Grande piramide si celi un segreto. Assiri, Persiani, Greci e Romani non riuscirono a scoprirlo. Né vi riuscì il califfo Abdullah Al Mamoun, figlio del famoso Haroun Al Rachid delle Mille e una Notte, che nell’anno 820 fu il primo a svolgere un’indagine accurata al suo interno, convinto che vi si trovasse una stanza segreta piena di carte geografiche e astronomiche lasciate da una civiltà precedente. Dopo aver rinunciato a trovare l’entrata segreta della quale si vociferava, i suoi scavatori perforarono la parete esterna per trenta metri, raggiungendo infine il corridoio noto come Passaggio discendente. La ricerca di aperture e passaggi nascosti continua anche oggi, e nel 1993 è stata rilevata la presenza di gallerie sconosciute.

Il “mistero” della Grande piramide è stato “svelato” in una storia a fumetti… Tra il marzo 1950 e il maggio 1952 fu pubblicata sul settimanale belga «Tintin» l’avventura Le Mystère de la Grande Pyramide, mirabilmente realizzata da Edgar-Pierre Jacobs. Ne è protagonista lo scienziato scozzese Philip Mortimer, giunto al Cairo su invito di Ahmed Rassim Bey, curatore del Museo egizio. Viene scoperto il frammento di un antico papiro, attribuito allo storico greco Manetone, che nel III sec. a.C. compose per Tolomeo I una storia dell’Egitto. Nel papiro si fa menzione dell’esistenza di una camera segreta nelle profondità della Grande piramide. La cosiddetta Camera di Horus conterrebbe i favolosi tesori di Amenofi IV, alias Ekhnaton, il faraone “eretico” che nel XIV sec. a.C. impose il culto monoteistico del dio Aton (il disco del sole), facendo distruggere le immagini delle divinità tradizionali. Secondo la leggenda, alla morte di Ekhnaton (1331 a.C.), il sommo sacerdote Paatenemheb avrebbe nascosto la mummia del suo re e i suoi tesori in una cripta segreta nella Grande piramide. Ebbene, il professor Mortimer si mette alla ricerca del passaggio segreto che, secondo il papiro di Manetone, conduce alla Camera di Horus e al tesoro. Lo troverà, dopo varie vicissitudini, aiutato dall’amico Francis Blake (capitano del servizio segreto britannico) e contrastato dal bieco colonnello Olrik, che ovviamente mira a impadronirsi del tesoro. Nel suggestivo finale della storia, lo sceicco Abdul Razek, inviato di Aton e attuale custode della camera segreta, rivelerà a Blake e Mortimer il mistero della Grande piramide, ma immediatamente dopo dovrà cancellarne il ricordo dalle loro menti.

Caposcuola dello stile grafico tipicamente franco-belga noto come “linea chiara”, Edgar-Pierre Jacobs era autore estremamente rigoroso nei riferimenti storico-geografici; la sua ricostruzione degli ambienti egizi è impeccabile. L’ipotesi dell’esistenza di una camera segreta, che Jacobs riprende da Erodoto (II, 124) è verosimile, tanto che da anni due diverse missioni archeologiche stanno lavorando alla sua ricerca. Verosimile è anche il Papiro di Manetone (anche se lo stile di scrittura greca scelto da Jacobs appare diverso rispetto a quello che avrebbe dovuto essere verso la metà del III sec. a.C.); ed è verosimile la Stele di Maspero, definita da Mortimer «il famoso enigma che da cinquant’anni tormenta gli egittologi». Tanto verosimile, che alcuni lettori della storia di Jacobs, giunti al Museo egizio del Cairo, chiesero dove fosse esposta! Ricordiamo infine che la prima edizione italiana de Il Mistero della Grande Piramide (sui nn. 8 e 9 dei «Classici dell’Audacia», 1964) includeva una breve storia inedita, appositamente realizzata da Jacobs. Si trattava de Il tesoro di Tutankamen, dove l’autore belga raccontava a fumetti dell’importantissima scoperta (la tomba del faraone Tutankamen, appunto) fatta nel 1922 dagli archeologi britannici Howard Carter e George Edward Carnavon. […]