Archeologia Viva n. 84 – novembre/dicembre 2000
pp. 72-75
di Massimo Becattini
A Firenze il Museo archeologico nazionale si affaccia su un elegante spazio verde che nel cuore della città offre un ricco itinerario a cielo aperto fra importanti monumenti tombali dell’Etruria antica
Il bellissimo giardino che a Firenze ognuno può amministrare dall’esterno anche solo transitando da via della Colonna ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia del Museo archeologico del capoluogo, quest’ultimo, nato nel 1870 come Regio museo etrusco per volontà dell’archeologo Luigi Adriano Dilani, nel 1883 fu trasferito dal Cenacolo del Fuligno (in via Faenza) all’attuale Palazzo della Crocetta (in via della Colonna). Da allora il giardino, inaugurato il 12 maggio del 1903 alla presenza dei reali, ne è stato parte integrante.
Nella prima sistemazione dello stesso Milani, oltre alle tombe ricostruite che si vedono tuttora, nel giardino erano esposti anche i corredi: accanto alla favissa di Bolsena (una fossa per gli oggetti offerti in voto alla divinità scavata agli inizi del Novecento che ha restituito materiali datati fra III sec. a.C. e III sec. d.C., fra cui una dedica in etrusco al dio Selvans) Milani aveva posto un’edicola a vetri, all’interno della quale erano sistemati i reperti (l’edicola oggi è sostituita da una costruzione realizzata nel 1932 come copia di un tempietto etrusco scavato a Vulci nel 1879); vicino alla tomba Inghirami di Volterra (scoperta nel 1861 nella necropoli etrusca di Ulimeto) c’erano le urne della tomba dei Calisna Sepu di Monteriggioni.
L’idea di ricostruire le tombe era venuta a Milani verso la fine dell’Ottocento, quando la temperie culturale favoriva questo tipo di allestimenti, giustificati anche da esigenze di conservazione (Milani visitò a Berlino i musei che si costruivano intorno all’ara di Pergamo o alle porte di Babilonia). Insieme, l’operazione è retaggio dell’idea del giardino romantico, cui si erano ispirati nella prima metà del secolo anche i fratelli Campanari, che a Tuscania avevano ricostruito un orco con tombe etrusche, ponendovi all’interno i relativi corredi. Con l’apporto dell’architetto Giuseppe Catellucci, soprintendente ai monumenti della Toscana, Milani in pochi anni ricostruì all’interno del giardino una serie di monumenti archeologici etruschi, i più con i blocchi originali: la tomba di Casale Marittimo (scoperta nel 1898), la toma del Diavolino I di Vetulonia (scoperta nel 1900), la tomba dei Tlesnei (scoperta a Chianciano alla fine del XIX sec.), lo spezzone della tomba di Veio (rinvenuta in località Monte Aguzzo nei terreni del principe Chigi) e la tomba del Crocifisso del Tufo di Orvieto. Altri monumenti Milani ricostruì come repliche moderne realizzando delle copie in scala reale: la già citata tomba Inghirami di Volterra e la tomba Golino di Orvieto (scoperta nel 1863 in località Settecamini).
Il giardino, che si estende proprio all’esterno della Sezione topografica del museo, ci appare, dunque, come uno straordinario spaccato della storia della ricerca archeologica che ha arricchito la stessa istituzione museale, capace ancora oggi di utili suggerimenti per l’allestimento di tombe in situ.
Nella struttura originaria il giardino risale al Settecento. Al tempo di Maria Maddalena de’ Medici esso era chiuso da alte pareti, con una cappella, secondo la consuetudine dei conventi di clausura. Solo negli anni Trenta del XX secolo è stato aperto il muro che rende visibile il giardino come un magnifico scenario su via della Colonna, al tempo in cui fu costruita la Sezione topografica del Museo archeologico. Rimasto a lungo chiuso al pubblico (dalla metà degli anni Ottanta, prima dell’inizio dei lavori di ristrutturazione del museo), il giardino è oggi un microcosmo fascinoso, pieno di fiori e piante, profondamente radicato nel cuore dei fiorentini: recentemente ristrutturato, costituisce un vera e propria vetrina del Museo archeologico, un modo per aprire lo stesso Museo alla città, sollecitandone l’immaginario collettivo. […]