Divinità nelle tenebre: parlano le grotte delle Baleari Preistoria del Mediterraneo

Archeologia Viva n. 84 – novembre/dicembre 2000
pp. 54-61

di Autori Vari

L’isola di Menorca continua a sorprendere per l’orignalità e la complessità culturale delle sue testimonianze preistoriche
Ora è la volta di due grotte dove oltre ai resti di centinaia di individui sono attestati un inedito rito funebre di consacrazione dei capelli e l’adorazione di una divinità simile al Cernunnos dei Celti

La fine del millennio ha riservato una sorpresa incredibile all’archeologia preistorica spagnola. In due grotte dell’isola di Menarca sono stati scoperti casualmente ricchissimi depositi rituali, mai toccati prima da mano umana, formati da oltre quattromila oggetti. Ma soprattutto ci si è trovati di fronte a un “culto dei capelli” praticato ai defunti e a un “sacello sacro” dedicato a una divinità del 1200 a.C. in tutto simile al celtico Cernunnos.

Una delle deu grotte di apre a fenditura lungo il limite occidentale del Barranc d’Algendar, una gola calcarea a sudovest dell’isola. La profonda cavità è stata battezzata dai due scopritori, Pedro Arnau e Josep Màrquez, la Cova des Càrritx, ‘grotte dei giaggioli’, perché con queste piante essi occultarono l’ingresso dopo la prima esplorazione. Una volta entrati, i due speleologi rimasero di stucco: il suolo della prima sala era ricoperto di ossa umane e di oggetti appartenuti ai defunti.
Continuando l’esplorazione sempre più all’interno, si imbatterono in una saletta di difficile accesso nella quale era raccolto uno straordinario deposito intenzionale di oggetti in metallo, legno e corno, in alcuni dei quali erano stipati strani fili, sottilissimi, che sembravano capelli…

Per raggiungere la seconda grotta, Pedro Arnau si è dovuto calare, come poi gli archeologi che hanno condotto lo scavo, lungo la scogliera della vertiginosa cala Be, sospesa sul mare. Questa seconda cavità è formata da una serie di piccole sale collegate tra loro; nella più interna furono trovati dei piccoli vasi in terracotta, rivelatisi dei lumi, e manufatti in legno riproducenti fattezze umane.  Anche a questa grotta lo scopritore diede un nome, Cava des Mussol, ‘del gufo’, perché uno di questi animali lanciò il suo verso proprio quando Arnau stava varcando per la prima volta l’ingresso dell’antro.

I primi riti che vennero celebrati nelle due grotte risalgono al 1600-1400 a.C. Sono riti che evocano la forza creatrice della Terra. Terra che in quel periodo aveva caratteri marcatamente femminili, intesa come luogo sicuro, protettivo, dove riposare per sempre. Subito dopo il 1400 a.C. l’accesso alle sale più interne della grotta Càrritx venne proibito. Il carattere sacrale del complesso ipogeico rimase vivo negli ambienti delle entrate, che divennero i nuovi luoghi adibiti a necropoli: ora lo spazio sotterraneo sembra non avere più il potere di generare la vita come si credeva prima e diviene un semplice luogo dove affidare per sempre i defunti tra le braccia sicure della Madre Terra. […]