Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 84 – novembre/dicembre 2000

di Piero Pruneti

Ora che nelle terre dannate della ex Jugoslavia i vivi stanno seppellendo i loro morti – ancora molti giacciono nelle fosse comuni – l’articolo che pubblichiamo di Fabio Maniscalco sulla tragedia dei beni culturali del Kosovo, seguita a quelle dei beni culturali della Croazia e della Bosnia-Erzegovina, ci riporta davanti agli occhi situazioni e problematiche da cui volentieri vorremmo distorcere l’attenzione. Forse perché tutto questo (centinaia di migliaia di morti, di mutilati, di profughi e, insieme, musei, chiese, moschee, cimiteri, teatri, biblioteche, archivi, interi centri storici distrutti) ci è praticamente successo in casa, sentiamo il bisogno di rimuoverlo dalla coscienza, aiutati dai mass-media che certo devono inseguire le novità del giorno – come, tanto per rimanere in tema, l’ultima rivolta palestinese – e ricordarsi del passato solo per qualche caso clamoroso capace di scuotere un pubblico che è oramai assuefatto alla quotidiana overdose d’informazioni. Eppure le ferite rimarranno a lungo e quelle inferte ai beni culturali per certi aspetti saranno meno rimarginabili di quelle sul corpo dell’umanità. Brutalmente: l’umanità si riproduce, i monumenti, l’arte e la memoria materiale no (e non v’è alcun dubbio che alla prima dobbiamo sempre dare la precedenza della “tutela”). In ogni caso sono convinto che il rispetto dell’uomo sia strettamente correlato al rispetto per tutto ciò che lo circonda (l’ambiente, le sue case, i monumenti) e viceversa. Se si rispettano gli uni si finisce con il rispettare anche gli altri. Ecco perché lavorare per la salvaguardia dei beni culturali nei paesi in guerra è un’impresa “umanamente” necessaria. Purtroppo le guerre non finiranno domani… Nelle ultime vicende dei Balcani abbiamo assistito a impressionanti dispiegamenti di forze sia sul piano quantitativo che su quello tecnologico. Tutti a un certo punto hanno ragionato con la logica della guerra: quel che ci va ci vuole. Poi, al momento d’impiegare risorse per la gente indifesa sul terreno, sono rimasti quasi tutti a guardare. Peggio ancora è andata ai beni culturali. Addirittura si scopre che nessun esercito al mondo – tranne quello italiano! – dispone di unità per la tutela dei beni culturali in aree di crisi. Un po’ come quando non esisteva la crocerossa sui campi di battaglia. culturali in aree di crisi. Un po’ come quando non esisteva la crocerossa sui campi di battaglia.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”