Storie di cacciatori previdenti Dentro lo scavo

Archeologia Viva n. 82 – luglio/agosto 2000
pp. 76-80

di Marco Peresani

Due eccezionali scoperte nelle Prealpi Venete documentano i primi esempi di stoccaggio di selci e fanno luce sulla gestione delle risorse da parte dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico

Parallelamente allo sviluppo tecnologico che ha condotto dai primi manufatti litici africani alle elaborate industrie litiche della Preistoria recente, l’Uomo, nel corso della sua evoluzione, ha dimostrato una crescente esigenza di quelle pietre che più si prestavano a essere scheggiate. Tra la rocce esistenti in natura, molte sono quelle adatte a questo tipo di lavorazione, ma le migliori restano le selci e le ossidiane, e tra queste quelle di composizione praticamente pura (biossido di silicio), con grana fine (cioè dimensione ultramicroscopica dei singoli grani minerali) e prive di strutture e fratture interne. Con tali caratteristiche, la frattura concoide, che si origina quando si percuote la roccia con un ciottolo, si sviluppa più facilmente verso la direzione desiderata e consente il distacco di una scheggia predeterminata. All’opposto, se per qualche ragione la pietra cela al suo interno fessure e altre discontinuità non riconoscibili a un esame visivo esterno, oppure impurità o inclusioni di diversa natura, la frattura può subire deviazioni tali da determinare il distacco di schegge irregolari, oppure anche la loro frammentazione.

Generalmente queste rocce si trovano incluse come selci in determinate formazioni calcaree o come ossidiane presso certi edifici vulcanici; la loro distribuzione all’interno di un dato territorio dipende dall’assetto geologico regionale. Oltre che sugli affioramenti rocciosi, le selci e le ossidiane sono reperibili nei depositi derivati dal disfacimento delle rocce dovuto all’azione di ghiacciai, fiumi, torrenti e frane, oppure dal carsismo o da altri processi di alterazione.
L’uomo preistorico ha imparato a riconoscere le rocce migliori, a intuirne le diverse idoneità alla lavorazione e a sviluppare un’adeguata strategia per rifornirsene. È per questa ragione che si riconoscono, in Europa e in altre regioni dell’Africa o dell’Asia occidentale, le testimonianze della raccolta e del trasporto fino agli accampamenti dei materiali, soprattutto a partire da 300.000 anni fa. Quando le risorse litiche locali non si dimostravano idonee, i cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore erano in grado di procurarsi materiali anche da notevole distanza (finoltre 600 km), raggiungendo le cave dopo lunghi e faticosi cammini. Anche se difficilmente dimostrabile, non è da escludere che questi materiali circolassero come bene di scambio tra gruppi vicini.

Nelle Alpi orientali e in particolare nelle Prealpi venete, le indagini condotte dall’Università di Ferrara e da altri centri di ricerca hanno portato alla scoperta di numerosi siti preistorici nelle valli principali e sugli altopiani calcarei. Alcuni di questi insediamenti sembrano essere legati alla vicinanza di importanti affioramenti di rocce selcifere o di detriti ricchi di selci. Le Prealpi e le colline della Pianura Veneta furono infatti un’importantissima fonte di rifornimento litico per le comunità preistoriche, dal Paleolitico inferiore fino all’età del Bronzo e addirittura nel secolo scorso, quando la fabbricazione di acciarini e pietre da fucile destinati all’esportazione era ancora un’importante attività. Tale ricchezza è dovuta ai vasti affioramenti calcarei che contengono noduli e strati di selce le cui caratteristiche variano da roccia a roccia.

Dopo pazienti ricerche si è potuto constatare che le varietà migliori sono reperibili solo in determinate aree, e cioè, procedendo da ovest a est: la catena del Monte Baldo, l’Altopiano dei Monti Lessini, l’Altopiano dei Sette Comuni, il massiccio del Monte Grappa-Monte Pallon, il Monte Avena al margine meridionale delle Dolomiti Bellunesi, il versante sinistro della Valbelluna e infine il Bacino dell’Alpago; più a sud, i Colli Euganei rappresentavano la risorsa più prossima al centro della Pianura Padana.

Il quadro generale che emerge dalle ricerche sul campo risulta via via più completo percorrendo le principali tappe del Paleolitico, fino ad avvicinarsi al termine del Paleolitico superiore, in un momento in cui il ritiro dei grandi ghiacciai che 20.000 anni fa avevano invaso le Alpi si era già completato. […]