Beni culturali: l’abito nuovo della legge Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 82 – luglio/agosto 2000
pp. 74-75

di Stefano Benini

Il nuovo testo unico include categorie inedite snellisce la burocrazia di tutela conservazione e fruizione dei beni culturali e ne sottolinea la principale funzione: quella di essere destinati al godimento dei cittadini

Con il decreto legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999 è stato approvato il nuovo Testo unico (166 articoli) delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali /pubblicato sul supplemento ordinario della “Gazzetta Ufficiale” del 27 dicembre 1999 e in vigore dall’11 dicembre 2000). Elaborato dal Governo in base alla legge delega n. 352 dell’8 ottobre 1997, il nuovo Testo unico non è di per sé una riforma, in quanto si limita a descrivere e razionalizzare la situazione normativa esistente, ma dà una veste più comprensibile e coordinata a tale legislazione.

Il Testo unico per i beni culturali sceglie una nozione aperta, che alle vecchie incorpora nuove categorie: carte geografiche, spartiti, fotografie, opere cinematografiche, audiovisivi, studi d’artista, aree pubbliche con valore artistico, storico, archeologico, ambientale, mezzi di trasporto con più di settantacinque anni, strumenti tecnici e scientifici con più di cinquant’anni… Si ammette anche che la legge possa in futuro individuare altre categorie, in quanto testimonianze con valore di civiltà.

Il sistema è sempre impostato sull’appartenenza dei beni: quelli pubblici, per i quali non c’è bisogno di riconoscimento da parte dell’autorità, e la cui sottoposizione a tutela discende dalla culturalità del bene, e quelli privati, per i quali, per esigenze di certezza e di garanzia della proprietà, la tutela, che comporta obblighi e vincoli, esige un provvedimento di dichiarazione, che deve essere notificato al proprietario. Il procedimento è basato sulla semplificazione e sulla partecipazione dell’interessato. Basti dire che sulla richiesta di approvazione di progetti per qualsiasi opera cui si voglia sottoporre il bene vincolato, debbono ora provvedere, in sede periferica, le soprintendenze. Inoltre, se sulla domanda l’autorità non provvede entro novanta giorni (sostenibile per non oltre trenta giorni per accertamenti di natura tecnica), il privato può inoltrare diffida, che fa scattare un ulteriore termine di trenta giorni, decorso il quale il progetto s’intende approvato. […]