La Cripta di Balbo: venti secoli in condominio Roma 2000. Una città un monumento

Archeologia Viva n. 82 – luglio/agosto 2000
pp. 20-31

di Fabrizio Paolucci

Roma è cresciuta nei secoli sulle sue stesse rovine che riutilizzate secondo sempre nuove esigenze hanno contribuito a formare l’attuale paesaggio urbano
Una stratificazione plurimillenaria di testimonianza che trova negli scavi e nel museo della Crypta Balbi un’eccezionale possibilità di lettura

La volontà di restituire alle rovine architettoniche della Roma imperiale una loro “leggibilità” nel contesto urbanistico moderno ha condotto, nel corso del XIX e del XX secolo, a massicci interventi di “risanamento” per riportare la reliquia archeologica al presunto stato originario. Vittime di questa filosofia purista sono stati, ad esempio, i fori imperiali, che oggi ci appaiono in tutto il loro improbabile isolamento rispetto alla città viva (medievale e rinascimentale), di cui erano, sino agli anni Trenta del Novecento, parte integrante. L’abbattimento delle chiese, dei palazzi e dei conventi che li inglobavano e li circondavano, ha forse consentito una più chiara interpretazione della planimetria dei fori di Augusto, di Nerva, di Traiano, ma ha cancellato anche ogni testimonianza del ruolo che quegli stessi edifici, per quanto ridotti a immani ruderi, avevano rivestito nella genesi della Roma post antica. Sono venute meno, in altre parole, tutte le testimonianze della continuità di vita, in epoca successiva a quella romana, di monumenti, che oggi, scarnificati e musealizzati, ci appaiono come un corpo estraneo.

Non lontano da un’altra di queste oasi archeologiche create artificialmente nel tessuto della città medievale, l’area sacra di largo Argentina, sopravvive un luogo, la Crypta Balbi, che le vicende storiche hanno invece risparmiato da ogni radicale intervento e che restituisce, nella sua ininterrotta stratificazione di testimonianze dalla Roma imperiale a quella di epoca fascista, uno spaccato unico della storia della città. Quest’area archeologica è compresa nell’ambito di un complesso edilizio di età medievale e rinascimentale, parzialmente in rovina, di oltre settemila metri quadrati, oggi delimitato da via Michelangelo Caetani e via delle Botteghe Oscure.

La zona, in età romana, corrispondeva all’estremità meridionale del Campo Marzio, un quartiere monumentale in cui si concentrarono numerose iniziative urbanistiche di grande impegno già a partire dall’età tardorepubblicana (II-I sec. a.C.). Proprio in questo periodo, abbattendo un preesistente quartiere di case e taverne, venne infatti realizzato il complesso architettonico che, attraverso mille riutilizzi e trasformazioni, ha dato forma a questo angolo di Roma. Nel 13 a.C. lo spagnolo Lucio Cornelio Balbo, insigne esponente dell’entourage augusteo, inaugurò, in prossimità della Porticus Minucia Frumentaria Vetus (la parola latina porticus è di genere femminile – ndr), cioè del ‘vecchio portico frumentario di Minucio’, posto a ridosso dell’area sacra visibile nell’attuale largo Argentina, un teatro dotato di retrostante piazza porticata, appunto il Theatrum e la Crypta Balbi. L’edificio di spettacolo, terzo in ordine di tempo e di grandezza a Roma (dopo quelli di Pompeo e di Marcello), si segnalava però per la sua eleganza e lo sfarzo della scena che, come sappiamo dalle fonti, era impreziosita da quattro colonne in onice. […]