La Guerra di Troia fu vinta da un cavallo o una… nave? Obiettivo su...

cavallo di troia

Archeologia Viva n. 178 – luglio/agosto 2016
pp. 72-76

di Francesco Tiboni

L’archeologia navale arriva in soccorso dell’interpretazione del celebre episodio omerico

Non il mitico (e improbabile) quadrupede i Troiani avrebbero introdotto dentro le mura della città – in parte abbattendole per farcelo entrare – ma una nave di tipo fenicio con la polena a testa di cavallo

«Che quello realizzato da Epeo fosse un marchingegno per abbattere le mura e non un cavallo, lo sa bene chiunque non voglia attribuire ai Frigi un’assoluta dabbenaggine. Tuttavia, la leggenda ci dice che è un cavallo».
Così scriveva Pausania nel II sec. d.C., descrivendo la statua del Cavallo di Troia nel tempio di Artemide Brauria, in Attica.

Ed è proprio partendo da queste parole del famoso geografo greco che, due anni fa, ha preso avvio la ricerca condotta da chi scrive per far luce su uno degli episodi più famosi della storia antica, quello, appunto, del Cavallo di Troia o, come è più corretto dire, dell’Hippos di Troia.

Tutti gli studiosi di architettura navale antica riconoscono in Omero una vera autorità. La lettura dei poemi omerici fornisce infatti una notevole mole di informazioni che fanno del loro autore il primo vero codificatore della tecnologia costruttiva delle navi antiche.

Al di là del famoso Catalogo delle Navi (i versi del II libro dell’Iliade in cui sono elencate le imbarcazioni con cui ogni contingente acheo era arrivato a Troia), la sua perizia si esprime almeno in due passi: quando descrive «il legno marcito e le funi allentate» delle navi achee, dimostrando di conoscere la tecnica della cucitura del fasciame per le cosiddette “navi cucite”, e nell’episodio della costruzione della zattera di Odisseo, dove Omero consegna all’archeologia navale elementi di importanza fondamentale quali la scelta delle essenze, degli utensili e delle tecniche di assemblaggio. […]

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