Santa Maria Antiqua Fra Roma e Bisanzio

Santa Maria Antiqua roma

Archeologia Viva n. 178 – luglio/agosto 2016
pp. 28-40

di Maria Andaloro

L’antica chiesa riportata in luce agli inizi del Novecento nel Foro romano alle pendici del Palatino e ora riaperta dopo trent’anni di chiusura per restauri

conserva un’eccezionale testimonianza della pittura  altomedievale romana e in particolare del mondo greco bizantino dove l’iconoclastia cancellò gran parte delle immagini sacre

Santa Maria Antiqua è luogo emblematico, in rapporto ad almeno due tempi, distinti fra loro: il primo è quello che appartiene in proprio a Santa Maria Antiqua, il tempo originario; il secondo coincide con la modernità del secolo breve, a cominciare dalla scoperta della chiesa con gli scavi del 1900.

Per nessun altro monumento cristiano di Roma, quel rapporto, fra la fase originaria e il presente, è segnato dalla discontinuità, dal salto di quegli undici secoli e più di interruzione che si frappongono fra il tempo originario e quello della sua recezione. Una volta interrata ai piedi del Palatino sotto i crolli del terremoto dell’847 e abbandonata, essa è rimasta chiusa nel suo proprio tempo, fra tarda antichità e Alto Medioevo.

Perciò, diversamente da tutte le altre basiliche e chiese paleocristiane e medievali di Roma, essa è rimasta indenne da trasformazioni e aggiunte. Santa Maria Antiqua è una scheggia, intatta, del suo tempo: un fossile guida per la perlustrazione dell’orizzonte fra Roma e Bisanzio durante l’Alto Medioevo.

Stretto fra fine V e la metà del IX secolo, il tempo di Santa Maria Antiqua coincide con la fase in cui l’originario complesso architettonico risalente alla tarda età di Domiziano (fine I sec. d.C.), nel Foro romano alle pendici del Palatino, diventa prima uno spazio cristiano e poi la chiesa che è sotto i nostri occhi, creata secondo una dimensione spaziale bizantina.

Il monumento giunge alla soglia del VI secolo con una bella storia alle spalle, fatta di interventi decorativi di alta qualità: un sontuoso rivestimento delle pareti a opus sectile e a mosaico nelle volte, risalente all’avanzato IV secolo (e rimosso intorno alla metà dell’VIII), di cui si conservano tracce degli strati di preparazione.

La qualità dei più antichi assetti decorativi a opus sectile e a mosaico sottolinea l’importanza del complesso originario, del quale non sono note le destinazioni d’uso prima della sua trasformazione in chiesa, ma è indubitabile il rapporto con il Palatino, grazie alla presenza di una rampa, anch’essa della tarda età domizianea, che ha sempre collegato il complesso ai soprastanti palazzi del potere: in epoca imperiale, gota, bizantina, e fino a quando, agli inizi dell’VIII secolo, papa Giovanni VII costruì all’interno di essi l’episcopio dove si trasferì, lasciando la sede storica del Laterano.

Il visitatore di oggi può salire e scendere per quella rampa come fecero per secoli imperatori, papi, esarchi ed ecclesiastici di rango. […]