Lago Albano: dentro l’antico emissario L'idraulica dei Romani

archeo speleologia

Archeologia Viva n. 178 – luglio/agosto 2016
pp. 18-26

di Carla Galeazzi, Carlo Germani e Mario Mazzoli

Il canale sotterraneo che per molti secoli nell’antichità e almeno fino al Medioevo ha scolmato l’acqua del lago Albano regimandone il livello

è ora oggetto di un progetto di ricerca e di ripristino che consentirà la rilettura integrale di una grande opera idraulica del mondo romano

La tradizione colloca l’emissario del lacus Albanus (lago Albano o di Castel Gandolfo) tra le più antiche testimonianze romane in fatto di ingegneria cunicolare, secondo solo alla Cloaca Maxima, e non mancano ipotesi per le quali potrebbe essere stato scavato addirittura in precedenza. In ogni caso si tratta di una struttura di straordinario valore storico, archeologico e geologico, sino a oggi scarsamente indagata per le enormi difficoltà di ricognizione.

Tito Livio collega l’opera alla guerra irrisolta fra Roma e Veio raccontando che i Romani, già in difficoltà per un assedio che si protraeva da tempo sotto le mura della città etrusca, nell’anno 398 a.C. dovettero fare i conti con un inverno insolitamente rigido, al quale seguì un repentino cambio di temperatura e un’estate caldissima, funestata da una pestilenza che colpì gli animali.

Tra le anomalie di quell’anno il lacus Albanus subì un innalzamento improvviso e tumultuoso delle acque: evento inspiegabile e misterioso considerata la carenza di piogge. Quindi, furono inviati ambasciatori a Delfi per consultare l’oracolo.

Nell’attesa del loro rientro un anziano veiente predisse, «alla maniera di un indovino», che i Romani non sarebbero mai riusciti a sconfiggere la sua città senza prima aver fatto defluire, secondo le prescrizioni rituali, le acque del lago.

Anche gli ambasciatori di ritorno da Delfi consegnarono un vaticinio sostanzialmente analogo. Dionigi d’Alicarnasso, Cicerone, Valerio Massimo, Plutarco e Diodoro Siculo riferiscono gli avvenimenti in modo simile a Livio.

Il fatto che un aruspice etrusco e un celebre oracolo avessero suggerito di drenare le acque di un invaso privo di sbocco naturale, confermerebbe, sotto il profilo storico, che i Romani, proprio in quell’epoca, abbiano iniziato a realizzare importanti opere d’ingegneria idraulica sulla scia delle conoscenze acquisite ben prima di loro da Etruschi e Greci.

La stessa Veio fu infine conquistata (396 a.C.), dopo anni di assedio, penetrando sotto alla rocca attraverso dei cunicoli. […]