Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 178 – luglio/agosto 2016

di Piero Pruneti

Roma, l’Urbe… Quali immagini evoca nella mente? Quali momenti storici? Senz’altro la Roma classica, con i suoi fori, le grandiose “briciole” pervenuteci della sua misura monumentale, gli immensi domini sulla cartina dell’Impero. Ma anche la Roma rinascimentale e barocca, con le fastose basiliche ricoperte di marmi antichi, il potere universale dei papi. E infine, anche la Roma di oggi, sempre più caotica nella somma dei disservizi, dell’invasione turistica ed extracomunitaria e, tuttavia, felliniana, ammaliante con le sue infinite dimensioni e atmosfere. C’è invece una Roma che ci sfugge, quasi non fosse esistita. Sono i secoli fra la tarda antichità e l’alto medioevo, diciamo fra il V e il IX, fra la fine dell’Impero e Carlo Magno.

Furono tempi duri per la città, che, insieme al progressivo abbandono degli edifici monumentali, spesso smontati e ridotti a calcina, vide contrarsi drasticamente i quartieri abitativi, in una situazione generale della Penisola fatta di invasioni, guerre e carestie. Per documentare la Roma di quei tempi non ci è arrivato granché. Ma una testimonianza straordinaria ci è arrivata ed è la basilica di Santa Maria Antiqua al Foro romano, fissata nella sua epoca da una frana dell’847. Questa chiesa, con i suoi strati pittorici, ci parla di una fase in cui l’unica autorità tangibile in città era il pontefice, mentre l’imperatore, il basileus, a Costantinopoli, cercava di imporsi tramite i suoi emissari, anche in fatto di questioni religiose. Così, Roma “bizantina” visse secoli di soggezione e al tempo stesso di contrapposizione, comunque di assorbimento di cultura e modelli provenienti dalla lontana capitale d’Oriente. A tal punto, che, quando gran parte del patrimonio artistico di Costantinopoli venne meno per il dilagare dell’iconoclastia, la Roma altomedievale, immune da quella “furia”, ne conservò soggetti e stilemi. Secoli bizantini e romani: oggi Santa Maria Antiqua è l’unico monumento che ce ne parla.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”