Nuceria Alfaterna L'Italia da difendere

Archeologia Viva n. 23 – ottobre 1991
pp. 22-33

di Antonio Pecoraro

Fondata da coloni etruschi passata ai Sanniti e infine soprannominata la “piccola Roma” per la vastità dell’impianto urbanistico e l’opulenza degli edifici pubblici

questa millenaria città della Campania è stata riscoperta dall’archeologia solo negli ultimi decenni e attende ora concreti interventi per sopravvivere

Ai margini dell’itinerario turistico-culturale che da Napoli porta a Pompei, Paestum e Velia, Nocera può vantare negli ultimi tre secoli solo la visita di pochi ma autorevoli viaggiatori d’Oltralpe – dall’abate di Saint-Non al Beloch, dal Mommsen allo Stettler – cui si aggiunse, buon ultimo, Amedeo Maiuri, che poi confessò nella sua opera, Vita d’archeologo, il torto d’aver trascurato nelle sue peregrinazioni campane proprio Nocera, l’Urbula o piccola Roma come veniva detta Nuceria Alfaterna.

Eppure la città, artificiosamente divisa da centoquarant’anni in Nocera Superiore e Nocera Inferiore con due diverse amministrazioni comunali, è forse l’unico esempio che si conosca di insediamento ininterrotto dalla preistoria fino a oggi.

I suoi “segni” vi si sono linearmente dispiegati da oriente a occidente, perciò sono facilmente riconoscibili da chiunque percorra l’antica strada dal sobborgo di Pareti, dove è tornato alla luce il teatro ellenistico-romano, alla collina del Parco, carica di emergenze medievali e moderne, che vanno dal castello-residenza di corte degli Angioini agli insediamenti conventuali.

Ad ogni buon conto, Nuceria ricade quasi per intero nell’attuale territorio comunale di Nocera Superiore; il suo perimetro urbano, individuato quasi trent’anni fa da Alfonso e Matteo Frea, è stato più rigorosamente definito solamente nel 1979 da Warner Johannowsky.

Si tratta di un rettangolo di 120 ettari – il doppio di Pompei – su cui si ebbe un’intensa urbanizzazione, con edifici di dimensioni ragguardevoli, collegati comunque al fondamentale ruolo che la città svolse nella Campania antica, anche dopo il tramonto della confederazione sannitica meridionale di cui fu capitale e quindi sede della zecca, ma, soprattutto del supremo magistrato confederale, il meddix tuticus. […]