Il tempio di Karnak vive ancora I grandi luoghi dell'egittologia

Archeologia Viva n. 22 – settembre 1991
pp. 32-51

di Marc Albouy, Jean Claude Golvin, El Sayed Hegazy, Abdel Hamid Ma’arouf, Mohammed el Saghir e Alberto Siliotti

A Karnak gli archeologi lavorano con fervore agli scavi che apportano nuove conoscenze sulla vita e sulle attività del più grande e complesso centro religioso dell’antico Egitto

È sempre difficile parlare di Karnak, perché il “Tempio dei Templi” non è stato costruito a misura degli uomini ma degli dèi. È l’occhio sacro del signore dell’universo, Amon l’inconoscibile, che guida l’umanità, l’Uno che rimane l’Unico, Amon l’Infinito di potenza, misterioso d’origini nel suo splendore.

È anche il suo cuore, incarnazione della luce primordiale, isola divina sulla terra, collina uscita dal Noun, l’oceano primordiale, che oltrepassa il tempo dominandolo e, congiungendo la terra con il cielo e l’uomo con dio, è immortale: immenso corpo di pietra che vive e risuscita eternamente.

Gli antichi costruttori hanno voluto erigere per l’eternità qualcosa che fosse degno di accogliere il divino e al tempo stesso fosse immagine del faraone, l’essere immenso, figlio di Ra e parte stessa della sua energia vitale, creato e modellato dalla divinità per guidare gli uomini nell’adempimento del suo valore e mantenere così l’equilibrio del mondo.

Karnak: a immagine dell’ordine cosmico

Monumento straordinario del sapere e della conoscenza, il complesso templare di Karnak riflette simbolicamente la struttura e l’ordinamento del cosmo e, riproducendo nel mondo degli uomini la creazione primordiale, è il riflesso e l’incarnazione della luce divina, supremo momento creativo, e la proiezione stessa sulla terra dell’asse celeste, dell’eterna corsa solare che qui si incrocia con l’asse terrestre, raffigurazione simbolica della regalità faraonica.

A Karnak ogni particolare è grandioso e oltrepassa ogni immaginazione oggi come nel passato. La sola rapida visita di un turista di passaggio dura oggi qualche ora.

Alcune cifre sono impressionanti: 300 mila mq è l’area del recinto del Tempio, 450 metri la lunghezza totale dell’asse est-ovest, 80 mila erano gli addetti al servizio di Amon, 240 mila gli ettari di terra dei suoi possessi e 500 mila i capi di bestiame che vi pscolavano.

Malgrado le ingiurie e le insidie del tempo, e quelle ben più importanti degli uomini, la vita di Karnak continua ancora oggi dopo trentacinque secoli: sulle sue pareti vivono per l’eternità, ripetendosi immutabilmente fissate nella pietra, le offerte del faraone e i momenti salienti delle grandi feste religiose, mentre migliaia di turisti si aggirano attoniti ammirando ciò che un tempo solo pochi eletti potevano vedere, perché il Tempio non era concepito per la frequentazione dei fedeli, ma come eterno atto di fede, momento di comunione del divino con l’umano.

Se oggi i sacerdoti di Amon dal cranio rasato non vegliano più sulla dimora del dio, la loro opera continua in un certo senso per mano degli archeologi che lavorano instancabilmente per mantere, per consolidare e per ridare a Karnak il suo antico splendore, cercando di ricostruire sempre più la vita del Tempio e nel Tempio. […]