La miniera della Defensola Ricerche preistoriche in Puglia

Archeologia Viva n. 22 – settembre 1991
pp. 10-23

 di Attilio Galiberti

Nel territorio di Vieste in provincia di Foggia è stata scoperta una miniera preistorica dove gli uomini dell’età neolitica scavavano le bancate calcaree alla ricerca dei preziosi noduli di selce

In Europa è la più antica struttura finora rinvenuta per l’estrazione della principale materia prima usata dai nostri antenati per la costruzione degli utensili

La miniera della Defensola è stata scoperta nell’aprile del 1981 da Giuseppe Ruggieri e Antonino Cirillo sul versante sud-orientale della collina di Intreseglio presso Vieste, in provincia di Foggia, in occasione dello sbancamento per la costruzione di un’abitazione. L’area circostante aveva restituito da tempo, in superficie, numerosissimi picconi da miniera, che avevano fatto supporre l’esistenza di strutture sotterranee antiche per l’estrazione della selce.

Lo sbancamento lungo il pendio della collina seziona due camere sovrapposte, mettendo in evidenza numerose aperture fra loro collegate. Una prima esplorazione della parte più accessibile del piano superiore permette subito di accertare l’esistenza di una grande struttura mineraria per l’estrazione della selce.

L’eccezionalità della scoperta viene poi confermata dal ritrovamento, nella parte iniziale, di materiali archeologici di grande interesse, quali ceramiche, lucerne di pietra, punteruoli d’osso, picconi da miniera e resti di fauna. Uno dei vasi con decorazione impressa indica immediatamente il Neolitico Antico. L’emozione per un simile ritrovamento è subito grande.

L’intervento della Soprintendenza Archeologica della Puglia e l’interessamento ammirevole degli scopritori, permettono di ottenere l’arretramento della costruzione e la chiusura delle aperture più grandi, allo scopo di proteggere fin dall’inizio l’integrità di questo eccezionale monumento.

Da quel momento tutta l’area circostante, oggetto in quegli anni di una diffusa lottizzazione, viene continuamente controllata dagli scopritori e anche esplorata dalla Sezione Preistorica del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena.

Si scopre che la zona interessata dalle estrazioni minerarie è di gran lunga più estesa di quello che si pensava; si individuano, infatti, oltra a quella in cui si apre la miniera appena scoperta, altre tre aree distinte ma fra loro vicine; un vero e proprio “distretto minerario”.

Nel 1986 si dà finalmente inizio all’esplorazione sistematica della miniera con un programma di ricerche, tuttora in corso, particolarmente impegnativo, la cui durata non può essere precisata, essendo sconosciute le dimensioni della struttura e le difficoltà da affrontare.

Si tratta della fase più appassionante della ricerca, nella quale gli archeologi-speleologi si trovano a entrare per la prima volta in cavità scavate dall’uomo oltre settemila anni fa e rimaste intatte dopo l’ultima frequentazione. Ma è anche la fase più delicata, perché strisciare nei corridoi per esplorare nuovi ambienti può provocare la distruzione involontaria di alcune tracce del passaggio dell’uomo, preziose per la ricostruzione della sua attività.

Occorre perciò, fin dall’inizio, procedere sempre con estrema cautela e attenzione, anche nel caso non infrequente che agli occhi degli archeologi si presenti la vista emozionante di un vaso intero ancora al suo posto, oppure di una lucerna abbandonata ai piedi dell’ultima parete di escavazione.

Questa fase di lavoro comporta purtroppo dei rischi per la sicurezza degli archeologi; talora il soffitto delle camere, e quindi dei corridoi, può essere pericolante per fratture dovute a terremoti oppure a cedimenti delle bancate calcaree sovrastanti; occorre perciò puntellarlo adeguatamente prima di proseguire.

All’esplorazione di una parte della miniera segue subito il rilievo della pianta, indispensabile per fissare la posizione dei materiali trovati sul pavimento – ceramiche, picconi da miniera, lucerne, carboni – ognuno dei quali deve essere anche numerato progressivamente. […]