Tre giorni sul Lagorai Preistoria alpina

Archeologia Viva n. 21 – luglio/agosto 1991
pp. 34-49

di Mauro Neri, Michele Lanzinger e Tullio Pasquali

Quando nel Mesolitico l’uomo decise di misurarsi con la montagna i passi e le cime del Lagorai furono i luoghi di un intensa attività di caccia

Ora un itinerario a piedi è stato realizzato fra la conca di Trento e le vicine alte quote sulle tracce lasciate dai cacciatori preistorici nei loro spostamenti stagionali

È l’alba di un giorno qualsiasi. In lontananza i rumori della città moderna giungono affievoliti dalla barriera rosata del primo sole, che cerca di farsi strada in una nebbiolina leggera che copre ogni cosa.

Siamo al riparo Gabàn; la collina a pochi chilometri da Trento e la Vallecola, oggi coltivata a melo, un tempo lontanissimo abitata da una piccola tribù di cacciatori-raccoglitori del Mesolitico, è muta testimone dei preparativi della nostra partenza.

Stiamo per affrontare il “Mesotrekking”, neologismo che sta a indicare un itinerario che in tre giorni di comoda camminata ci porterà dalla Valle dell’Adige – che ancora riposa appena sotto di noi – ai sistemi montani del Lagorai, una catena rocciosa che si dipana nel settore orientale nel Trentino.

Tre giorni di scoperta ci attendono; tre giorni che idealmente ripercorrono una delle ipotetiche piste preistoriche battute dalla gente mesolitica, che si alzava in quota a caccia di selvaggina. Ed è proprio questa valenza storica a incuterci quel minimo di ansia che va ad aggiungersi all’ormai consueto stato d’animo di attesa che pervade ogni partenza, ogni escursionista. Riusciremo a vedere tutto? A capire, a ritrovare le schegge sepolte di antiche culture? Saremo capaci di lasciarci coinvolgere dal gioco intricato di rimandi e collegamenti tra realtà e preistoria che rendono il Mesotrekking un’escursione unica e indimenticabile?

È pensando a tutto ciò che chiudiamo lo zaino e ce lo carichiamo in spalla. La nebbia, nel frattempo, s’è diradata e il cancello in legno, piantato da poco, ci indica la direzione. Ed è subito salita.

Ci siamo lasciati alle spalle la collina orientale di Trento, con i suoi vecchi masi che riecheggiano lontani fasti rinascimentali, sposati all’odierna attività agricola. Abbiamo attraverato le silenziose cave di Pila, da cui per secoli l’uomo ha trattato la bianca pietra con cui ha edificato i più sontuosi palazzi di Trento.

Abbiamo sfiorato appena Castelvedro, colle che conserva geloso documentazioni della millenaria presenza umana, dal Mesolitico al Medioevo, e la piana di Civezzano ci accoglie nel primo e meritato tratto pianeggiante. […]