Adamo in Piemonte L'età della Pietra in Italia

Archeologia Viva n. 19 – maggio 1991
pp. 48-59

di Alberto Mottura

In un paesaggio molto diverso da quello di oggi l’uomo preistorico realizzava esperienze fondamentali per l’evoluzione culturale della specie

Ecco un’attenta lettura paleoambientale nell’Astigiano che ha consentito l’individuazione delle più antiche presenze attive nel territorio

Al confine fra Langhe e Monferrato, l’”onda” del rilievo dai caratteristici profili sembra placarsi a sud-ovest della città di Asti, dove si addolcisce in ritmi più distesi, scanditi da sommità quasi pianeggianti e valli che si allargano a ventaglio. Ad uno smaliziato osservatore del paesaggio che guardi le valli minori del Triversa e del Valleandona confluire nella valle del Borbore (fra i comuni di S. Damiano, Baldichieri e Asti), non possono sfuggire aspetti piuttosto singolari.

I piccoli affluenti, che oggi incidono profondamente nelle argille e sabbie deposte dall’antico mare padano, si rivelano in questi tratti talmente sproporzionati ai rispettivi ampi solchi vallivi, da far dubitare di averli davvero “scavati” con flussi così insignificanti.

Pure curioso è come bruscamente la pianura si tronchi a scarpata dopo Dusino, venendo a sovrastare questi orizzonti improvvisamente mossi, increspati di colline e disegnati una sessantina di metri più in basso.

L’effetto di rottura è piuttosto vistoso, ma il fenomeno è più apparente che reale – come avvertono geologi che da tempo analizzano le forme del paesaggio in questo settore del Piemonte.

Per spiegare le stranezze che oggi osserviamo occorre risalire indietro nel tempo di qualche  centinaio di migliaia di anni. Durante tutta una lunghissima fetta di Quaternario (ultima delle grandi ere geologiche), e solo fino a qualche migliaio di anni fa, in questo angolo di Piemonte il paesaggio era divero da come appare oggi.

In particolare, almeno due grandi corsi d’acqua divagavano pigramente nell’area ora stretta fra la collina Torinese-Monferrato e le Langhe più settentrionali. Questi ricevevano il contributo degli affluenti minori e “governavano” quindi buona parte del drenaggio delle acque nel bacino meridionale piemontese: potremmo a tutti gli effetti considerarli come gli antenati del Po e del Tanaro odierni.

Un’estesa pianura alluvionale, che dai margini alpini giungeva fino alla depressione di Alessandria, era opera loro.

Questo stato di cose perdurò dunque a lungo e consentì ai tracciati fluviali di modellare valli e rilievi. È solo a partire da un momento più recente (30-20 mila anni fa o meno ancora), al culmine d’una serie graduale di movimenti tellurici, che i due collettori principali si trovarono a battere nuovi percorsi: gli stessi, per intenderci, ancora oggi seguiti dal Po e dal Tanaro.

Gli antichi alvei vennero abbandonati e – sigillati da nuovi sedimenti – “fossilizzarono”, oppure scomparvero del tutto con l’erosione. Così, riassunto in breve, il travaglio di eventi che ha modellato nel tempo quest’area astigiana e ha impresso nel paesaggio le incongruenze e curiosità morfologiche prima notate. ma la storia comportaa altri aspetti che interessano direttamente il più antico popolamento umani. […]