Alba Fucens Alla scoperta dell'Italia antica

Archeologia Viva n. 17 – marzo 1991
pp. 50-59

di Anna Invernizzi e Luciano Maria Rendina

Questa antica città dell’Abruzzo nella regione del Fucino fu centro di vie di commerciali fra Etruria e Campania e fedelissima ai Romani anche nei momenti di maggiore pericolo

Gli scavi ormai quarantennali ne hanno ritrovato le vie gli edifici e i luoghi di culto

Una fila di casette basse dai tenui colori pastello, allineate lungo la strada “provvisoriamente” costruita dopo il catastrofico terremoto che nel 1915 devastò tutta la piana del Fucino. Una piazzetta in cui si affaccia la nuova parrocchia, con la pregevole facciata romanico-gotica recuperata dalle macerie della chiesa di S. Nicola, già nella città medievale.

I ruderi del borgo, appollaiati sulla collina di San Nicola, stretti, come d’uso, intorno al castello Orsini (od Odescalchi) la cui possanza, benché diruta, incute ancora in chi guarda un sentimento di timorosa ammirazione. Una montagna, il Velino, la cui  incombente magica onnipresenza, riporta prepotentemente ad ere in cui le montagne erano adorate come divinità.

I resti archeologici della città romana, dall’impianto urbanistico emblematico per razionalità e per collocazione geografica, che ad una rara bellezza accomuna la posizione, inviolabilmente strategica, dominante la conca del Fucino. (Davide Battista)

La suggestione offerta dallo splendido panorama che si gode dall’alto di Alba Fucens è pressoché unica.
Dall’antica città infatti lo sguardo spazia su tutta la regione, lasciando supporre che un insediamento strategicamente così ben collocato dovesse necessariamente esercitare un controllo totale sulle zone circostanti.

La città, articolata sulle tre colline di Albe, San Pietro e Pettorino, è situata nel punto di confluenza di alcune delle strade più importanti della regione che, costeggiando spesso il corso dei fiumi, dovevano essere in uso fin da epoca remota.

L’Etruria e le valli reatine erano facilmente raggiungibili seguendo l’Imele e il Salto; a sud-ovest, attraverso il passo di Capistrello, si raggiungeva la Val Roveto e da qui, lungo il fiume Liri, si arrivava fino al Garigliano e al golfo di Gaeta; a ovest, attraverso gli abitati di Tagliacozzo e Carsoli, si perveniva a Tivoli e a Roma; a est, passando per Corfirio e Chieti – lungo il tracciato che, da Claudio in poi, costituirà il proseguimento della Via Valeria – si raggiungevano la costiera adriatica e le popolazioni apule.

Nel gioco strategico di alleanze e conquiste, che Roma svolse durante il IV sec. a.C. per estendere il proprio dominio militare, politico e, conseguentemente, economico sui territori dell’Italia centrale e sulle popolazioni che in essi da sempre risiedevano, un ruolo fondamentale fu esercitato pertanto dall’atturale Piana del Fucino.

Tale zona era dominata da un insediamento del popolo degli Equi caduto in mano ai Romani in occasione di alcune manovre militari condotte nel periodo tra la seconda e la terza guerra sannitica. Nel 304 a.C. infatti il console Publio Sempronio Sofro lo conquistò, insieme ad altri quaranta centri indigeni, in una fulminea campagna durata solo cinquanta giorni. […]