Panta pliri theon. Tutto è pieno di dèi Mondo classico e uomo contemporaneo

Archeologia Viva n. 17 – marzo 1991
pp. 18-33

di Giorgio Seferis

I monumenti la lingua e il teatro tutto è pervaso dagli antichi dei assediati dalla “turistocrazia” ma recuperati nei segni lasciati nel paesaggio dei luoghi a loro sacri…

Le riflessioni di un grande scrittore greco sulla cultura dell’Ellade o su quello che di essa ha attraversato il grande “fiume del tempo” per giungere fino a noi

Recentemente, in una grigia sala d’attesa, mi è capitata fra le mani una rivista americana a larga diffusione e mi sono imbattuto in una pubblicità a colori a piena pagina, dove era raffigurata la facciata occidentale del Partenone.

Nell’angolo destro dell’immagine, in disparte, come se si fosse trattato di una visione astratta, due giovani turisti erano appoggiati a un rocchio di colonna, che serviva loro da tavolo, dinanzi a due bicchieri ricolmi.

La “réclame” proclamava: «The more you know about ancient architecture, the more you like the Acropolis» («Quanto più sapete dell’architettura antica, tanto più vi piacerà l’Acropoli»). Scopo di questa messinscena era la propaganda di una bibita anglosassone.

Non sono un fautore di questa “turistocrazia” contemporanea, che acceca i nostri tempi, ma sono stato facilmente attirato da questa immagine, dal momento che sto pensando ad un’opera che – credo, giustamente – ambisca a costituire un vero contributo ad una più ampia conoscenza dei monumenti antichi, di questi “anelli di congiunzione fra gli uomini antichi e di oggi”.

Ciò dimostra, in verità, a quale distanza si trovi l’odierno presente, quello che respiriamo da tutti i pori del nostro corpo, da quel remoto passato. «Quanto più sapete dell’architettura antica…».

Non so proprio cosa ne guadagnerebbe il piacere di questi due giovani sull’Acropoli qualora versassimo improvvisamente sul loro capo certi dettagli architettonici un po’ specialistici, anche se abbastanza noti; come ad esempio che non esiste nel Partenone neppure una sola linea veramente retta, oppure che il parallelepipedo (come almeno ci appare) di questo tempio, se lo prolungassimo uno o due chilometri dalla base, prenderebbe l’aspetto di una piramide: oppure che questi dettagli e altri ancora, per noi impercettibili (i moderni hanno avuto bisogno di compiere accurate misurazioni per rendersene conto), erano visibili a occhio nudo per gli uomini di quei tempi.

Pertanto temo molto che quella pubblicità che ha attirato la mia attenzione indichi di fatto una certa superstizione della nostra epoca tecnocratica che spinge l’uomo ad accumulare informazioni dettagliate, più o meno sconnesse, su qualunque cosa. […]