Il boccale del “Gran Turco” Archeologia subacquea

Archeologia Viva n. 16 – febbraio 1991
pp. 69-71

di Luigi Fozzati

A Legnago di Verona le ricerche condotte nell’Adige hanno portato al ritrovamento di una ingente quantità di materiale ceramico a conferma della straordinaria ricchezza archeologica dei fiumi veneti

L’archeologia dei fiumi è il settore d’indagine più spettacolare dell’archeologia subacquea: la forza dell’acqua scopre improvvisamente le testimonianze del passato dell’Uomo e altrettanto rapidamente le ricopre, le trascina via o le distrugge irreparabile.

I tempi d’intervento dell’archeologo sono perciò molto ridotti e le operazioni hanno luogo in ambienti spesso ostili sia per il pericolo dell’immersione in corrente sia per l’attuale grado di inquinamento delle acque. Il servizio Tecnico per l’Archeologia Subacquea ha predisposto con le soprintendenze competenti un primo progetto per quattro corsi d’acqua archeologicamente significativi: Adige, Garigliano, Po e Tevere.

Il fiume Adige, con i suoi 410 chilometri di lunghezza è il secondo fiume italiano. L’archeologia fluviale assume qui connotati ben precisi a seconda delle zone attraversate: la valle, il piano, la foce.

La storia del rapporto uomo-acqua ha perso spessore cinquant’anni fa con la scomparsa degli ultimi mulini galleggianti, barconi e traghetti. Lo sviluppo delle vie terrestri  decretava verso il 1950 l’irrevocabile fine della “civiltà dell’acqua”. Il fiume dimenticato è così diventato terreno d’indagine archeologica.

Le numerose segnalazioni che giungono alla Soprintendenza Archeologica del Veneto stanno rivelando l’importanza dell’Adige nella storia dell’uomo. È a partire dal 1988 che il Museo Fioroni di Legnago prende in considerazione il tratto urbano dell’Adige sotto il profilo archeologico; del resto, fu proprio durante i lavori di arginatura del fiume che Maria Fioroni raccolse negli anni Quaranta e Cinquanta una grande quantità di reperti di epoche differenti e natura eterogenea. […]