La memoria dell’Egitto Omaggio a Champollion

Archeologia Viva n. 16 – febbraio 1991
pp. 36-47

di Alberto Siliotti

Nel bicentenario della nascita l’Europa ricorda il grande “Decifratore”

Dopo oltre quindici secoli di silenzio toccò infatti a Jean-Francois Champollion ridare voce al mondo degli antichi egizi

Il 20 settembre 1822 a Parigi, davanti ai membri piuttosto scettici della celebre Académie des Inscriptions et Belles-Lettres veniva data lettura di una comunicazione inviata al segretario perpetuo Monsieur Dacier relativa a “l’alfabeto dei geroglifici fonetici”.

In essa veniva rigettata la classica interpretazione simbolica ed erano enunciati i principi chiave della corretta interpretazione della scrittura geroglifica egizia. Era un giorno che doveva passare alla storia e che segnava la nascita di una nuova disciplina: l’egittologia.

Tutto il mondo degli antichi egizi, i monumenti, le statue, le stele, i papiri, che all’indomani della Spedizione d’Egitto del 1798 affascinavano l’Europa intera, dopo quindici secoli di silenzio potevano ritrovare la parola.

Autore della comunicazione era un giovane studio di trentadue anni, ancora sconosciuto ai più: si chiamava Jean-Francois Champollion e sarebbe diventato il “Decifratore”.

Nato a Figeac, una piccola cittadina del Quercy, figlio cadetto di una modesta famiglia borghese, il giovane Champollion diede ben presto prova di un’intelligenza assai precoce e di straordinarie capacità intellettuali.

Influenzato e indirizzato verso gli studi orientalistici dal fratello maggiore Jean-Jacques (che più tardi assunse il nome di Champollion-Figeac), a sedici anni Jean-Francois Champollion parlava già una decina di lingue e conosceva alla perfezione il greco, il latino, l’ebraico, l’arabo e soprattutto il copto, conoscenza questa che doveva rivelarsi decisiva per la sua futura grande scoperta.

Dopo aver studiato per qualche tempo al liceo di Grenoble, nel 1806 Champollion si recò per perfezionarsi a Parigi, dove frequentò il Collège de France e l’Ecole Pratique des Langues Orientales, approfondendo le conoscenze della lingua copta, che egli riteneva giustamente rappresentasse lo stadio finale dell’antica lingua dei faraoni, riprendendo così un’intuizione espressa 150 anni prima da gesuita Atanasio Kircher.

A Parigi, città ormai in preda a una forma di egittomania dilagante, Champollion si trovò coinvolto nell’entusiasmo generale, legato alla riscoperta del mondo egizio sulla scia della spedizione napoleonica, dei numerosi e splendidi reperti portati dall’Egitto, del successo del libro di Vivant Denon, Voyage dans la Haute et la Basse Egypte. […]