Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 16 – febbraio 1991

di Piero Pruneti

Fra gli articoli di questo numero ce n’è uno che più di altri può coinvolgerci moralmente. È “Il sorriso di Isabella” che trova spazio nella rubrica Scienze per l’archeologia. Alcuni ricercatori universitari hanno effettuato  analisi molto precise su certe parti anatomiche di Isabella d’Aragona toccando delle certezze sulle abitudini curative e cosmetiche di questa nobildonna del Cinquecento e formulando ipotesi sulle motivazioni di tali pratiche; abitudini e motivazioni che la sfortunata moglie di Gian Galeazzo Sforza nascose come una vergogna fino alla tomba. Leggendo il testo appena inviatomi dagli Autori devo confessare di essermi sentito a disagio, come quando si profana senza volerlo l’intimità di una persona.

Il fatto che cinque secoli ci separino da quella esperienza ci autorizza a varcare spudoratamente ogni limite di indagine? Isabella voleva forse  nascondere i sintomi di una sifilide quasi certamente ereditaria e noi ci mettiamo a scoprire e sbandierare ai quattro venti l’orrendo segreto. Riflettiamo un attimo. Saremmo disposti ad accettare che alla nostra scomparsa, pur lasciando trascorrere il tempo del cosiddetto “distacco storico”, si effettuassero sui nostri corpi ricerche capaci di mettere in luce verità personali che a torto o a ragione non abbiamo voluto palesare in vita?

Non nascondo che ho avuto la tentazione di rimandare indietro l’articolo. Poi altri tipi di riflessione hanno avuto la meglio. Prima di tutto: non divulgare esiti di una ricerca è oscurantismo; quanto a distinguere fra verità scientifiche buone e cattive sarebbe tornare davvero ai tempi della nostra isabella. Per chi crede veramente nell’uomo scienza e verità non procedono mai separate, almeno dai tempi di Galileo.

C’è poi una considerazione che possiamo definire sentimentale, ma che forse è qualcosa di più. Questa Isabella, che la scienza, che la scienza ci ha riconsegnato, ora ce la sentiamo non soltanto concreta e visibile, ma – quel che più conta – uguale a noi bisognosa di affetto e solidarietà come una sorella, come ogni essere umano. Una riscoperta che non è frutto del caso, ma della ricerca scientifica che quando è davvero tale sa farci sentire l’umanità senza limiti di spazio e tempo.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”