Cacciatori paleolitici sulla Maiella Dentro lo scavo

Archeologia Viva n. 78 – novembre/dicembre 1999
pp. 70-73

di Giovanni Boschian

I boschi e le radure della famosa catena abruzzese erano frequentati da gruppi di cacciatori stagionali che negli antri della montagna si rifugiavano e trovavano la selce per le loro armi

Circa 12 mila anni fa, quando l’ultimo periodo glaciale stava volgendo al termine, il paesaggio dei versanti del gruppo della Maiella (in Abruzzo), doveva apparire abbastanza simile all’attuale: profondi valloni dalle ripide pareti rocciose tagliavano versanti dolcemente modellati e ampi pianori, creando un paesaggio assai movimentato. Poco si sa dell’antica vegetazione, che era certo diversa dall’attuale (caratterizzata da macchie di querce e, a maggiore altitudine, dalla faggeta che lascia poi spazio alle praterie sommitali); relitti di un lontano passato sono probabilmente i popolamenti di pino uncinato che sopravvivono isolati alle alte quote. Ma, pur essendo diverse le essenze, la copertura vegetale anche in epoca preistorica si articolava in macchie e boschi intercalati da ampie aree a prato.

Tale ambiente offriva un territorio favorevole alla caccia stagionale delle popolazioni del Paleolitico superiore che durante l’estate risalivano dai fondovalle e dalle conche intermontane seguendo gli spostamenti della selvaggina. I valloni fornivano ottime vie d’accesso: ricchi di acque, con numerosi ripari e grotte scavati nei versanti dall’erosione, davano la possibilità di impiantare dei buoni campi base per le battute di caccia.

La ricognizione archeologica ha posto in luce numerosi piccoli insediamenti, allineati in prossimità del fondo del fosso di S. Bartolomeo, a sud di Roccamorice (Pe). È interessante osservare che questi siti si rinvengono soprattutto in ripari sotto roccia dalle cui pareti affiorano noduli di selce (la materia prima per gli strumenti dei cacciatori), mentre i ripari che ne sono privi, oppure che sono posti più in alto, erano meno frequentati. Gli scavi condotti dal Dipartimento di Scienze archeologiche dell’Università di Pisa in uno di questi ripari, ubicato presso l’eremo di S. Bartolomeo, hanno permesso di cogliere alcuni aspetti della vita dei cacciatori raccoglitori che frequentavano la zona.

Il nostro riparo è un nicchione piuttosto ampio (lungo circa 40 metri), ben esposto a sudovest presso il corso del torrente. Lo scavo, al momento limitato a una superficie di circa 30 mq, interessa una minima parte dell’insediamento. Comunque, sono stati messi in luce strati archeologici per una profondità di circa due metri, fra cui lo strato corrispondente al periodo di massima frequentazione, che in uno spessore di soli 20 cm su una superficie di 8 mq presenta quasi 25.000 manufatti, fatto che testimonia una presenza preistorica intensa, ma di breve durata. […]