Terre di Toscana… preistoricamente parlando Alle origini dell'Europa

Archeologia Viva n. 77 – settembre/ottobre 1999
pp. 54-67

di Fabio Martini

L’elevato numero di scoperte archeologiche consente di leggere in questa regione centrale le grandi linee della preistoria europea e di metere a fuoco le culture che in particolare interessarono la nostra Penisola e l’area mediterranea
La lunga vicenda inizia circa un milione di anni fa con l’arrivo dei primi gruppi di Homo erectus

La Toscana è una delle regioni più importanti per quanto riguarda l’archeologia dell’antico popolamento umano in Italia. Ma, probabilmente, l’entità della documentazione acquisita per i periodi più lontani della nostra storia non va tanto messa in relazione a un’effettiva intensità demografica rispetto ad altre regioni, quanto al fatto che in Toscana operano da decenni una Soprintendenza archeologica con funzionari specializzati, tre università con specifiche sezioni, musei dediti alla ricerca e alla didattica preistorica, associazioni di volontari.

Sin dalle origini del popolamento europeo, durante il Paleolitico inferiore, l’Italia risulta interessata da migrazioni di gruppi di cacciatori e raccoglitori provenienti dall’Europa centrale che, seguendo la direttrice nord-sud, attraversarono la Penisola – questo cul de sac che si protende nel Mediterraneo – raggiungendo le sue estreme propaggini sino alla Sicilia. È il cosiddetto stadio della Cultura del ciottolo, legato alla diffusione dell’Homo erectus, che in Italia va da circa un milione a 500 mila anni fa. In Toscana ciottoli scheggiati sono stati rinvenuti sulla costa di Piombino e all’interno del Livornese e del Grossetano, ma l’evidenza più significativa è tornata in luce a Bibbona, lungo la stessa costa livornese: un insediamento di circa 600 mila anni fa su un’antica spiaggia marina ricca, appunto, di ciottoli, che per quei gruppi umani costituivano la materia prima privilegiata.

Fra 600 e 100 anni fa la valle dell’Arno, soprattutto nelle province di Firenze e Pisa, ma anche l’entroterra livornese e l’area aretina videro la diffusione delle culture paleolitiche posteriori allo stadio dei ciottoli scheggiati. Già in questa fase della preistoria regionale si colgono alcune differenze nella tecnologia dei manufatti litici che presuppongono diverse tradizioni, forse diversi gradi di conoscenza delle risorse della materia prima: la Toscana centrosettentrionale (Valdarno e Val di Farma) è caratterizzata da produzioni di pietra scheggiata in parte diverse da quelle della Toscana orientale; la specificità delle due aree è legata all’utilizzo o meno di una particolare tecnica di scheggiatura, nota come tecnica Levallois, che comporta, al momento della lavorazione del blocco di pietra (nucleo) per estrarre le schegge, un progetto di lavoro e una successione di gesti predeterminati, in pratica una maggiore conoscenza tecnica, che appunto pare conosciuta e sfruttata per lo più nell’area orientale (alta Valtiberina e Valdarno superiore, nell’Aretino).

Nella successiva età del Paleolitico medio l’Europa viene popolata dall’Homo sapiens neanderthalensis. Purtroppo le culture neandertaliane toscane ci sono note solo per gli aspetti relativi alla lavorazione della pietra, mentre non disponiamo, per ora, di dati concernenti la sfera psichica di questa specie, che sappiamo essere stata molto complessa. Studi recenti hanno evidenziato la presenza di più tradizioni tecnologiche del Musteriano (così è chiamata la cultura dei Neandertaliani, tra 100 e 35 mila anni fa). Tra i siti più significativi emerge l’insediamento all’aperto pluristratificato di Botro ai Marmi, nel territorio di Campiglia Marittima (Li). Oltre al complesso di S. Francesco sul Monte Cetona (in provincia di Siena al confine con il Lazio), numerosi strumenti in selce e diaspro raccolti lungo il Valdarno inferiore fiorentino, ma anche nell’Aretino, relativi verosimilmente a bivacchi di caccia sui rilievi collinari, attestano un’ampia diffusione dei Neandertaliani nella Toscana interna. Interessanti sono anche i complessi archeologici del Paleolitico medio sulle Alpi Apuane, testimonianza dell’utilizzo delle caverne che i Neandertaliani contendevano all’orso intorno a 50-40 mila anni fa.

La tecnologia degli strumenti litici di Galceti, presso Prato, di Impruneta presso Firenze e di S. Lucia II in Val di Merse, pare anticipare le produzioni dello stadio cosiddetto Uluzziano, un aspetto culturale degli ultimi Neandertaliani tipico del centrosud della Penisola, caratterizzato da strumenti di piccole dimensioni con margini ritoccati arcuati (“semilune”). L’Uluzziano toscano è noto nella grotta La Fabbrica, sul versante occidentale dei Monti dell’Uccellina (Parco naturale della Maremma), e in diversi siti del Valdarno inferiore, del Grossetano e della costa livornese.

Gli ultimi Neandertaliani furono spettatori dell’arrivo dall’Europa orientale dei primi gruppi di Homo sapiens sapiens, l’uomo anatomicamente moderno, che a partire da circa 40 mila anni fa – siamo ora nel Paleolitico superiore – diede inizio alla colonizzazione dell’Europa centroccidentale. Queste nuove popolazioni, alle quali si riferisce la cultura dell’Aurignaziano, erano in possesso di tecnologie di lavorazione della pietra molto più efficaci e di un bagaglio culturale e psichico più complesso rispetto ai Neandertaliani, che nel giro di alcuni millenni si estinsero. La cultura aurignaziana risulta fortemente omogenea in tutto il continente, dai Balcani all’Atlantico: gli insediamenti, il culto dei morti, la nascita dell’arte, l’utilizzo di ornamenti, la lavorazione dell’osso, la tecnica standardizzata di scheggiatura laminare sono documentati con evidenze molto simili e ripetitive, indizio di una profonda unità culturale che ci permette di parlare di “prima Europa”.

In Toscana gli Aurignaziani (35-30 mila anni fa circa) hanno lasciato poche, ma significative tracce, che ci mostrano una regione bene inserita nei percorsi di diffusione di questi gruppi umani e anche di cogliere alcuni fenomeni di ibridazione culturale con gli ultimi Neandertaliani uluzziani. Il successivo stadio culturale, il Gravettiano (28-20 mila anni fa circa), rappresenta un ulteriore grande aspetto culturale europeo che sostituisce l’Aurignaziano. In Toscana, come nelle altre regioni, il Gravettiano risulta a tutt’oggi assai raro. Tra i vari insediamenti spicca quello di Bilancino, nel Basso Mugello (circa 24 mila anni fa), specializzato nella produzione di uno strumento, il bulino di Noailles, tipico nell’Europa occidentale di una fase del Gravettiano. […]