Monumenti in vendita? Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 76 – luglio/agosto 1999
p. 69

di Stefano Benini

Una disposizione di legge rende possibile in determinati casi la vendita degli immobili di proprietà pubblica con valore storico-artistico

Già in altra occasione (vedi: AV n. 73, AAA Patrimonio vendesi) avevamo espresso non poche perplessità sulla previsione legislativa di vendita dei beni appartenenti al demanio storico-artistico dello Stato e degli enti locali: se non altro per l’inserimento di questa innovazione, di grande rilievo per il nostro patrimonio culturale, in un testo normativo (art. 12 della legge 15 maggio 1997 n. 127) avente per obiettivo la semplificazione dell’azione amministrativa, senza un adeguato dibattito e senza che alla notizia fosse dato il giusto rilievo nei quotidiani o nei telegiornali. La vivacità delle reazioni che ne seguirono a livello culturale e politico determinò tuttavia una sollecita retromarcia, per cui con l’art. 2 della legge 16 giugno 1998 n. 191 la disposizione è stata abrogata, insieme a quella – sempre dal medesimo articolo – che disinnescava il meccanismo delle prelazioni per le vendite concernenti i beni notificati sotto le vecchie leggi del 1909 e del 1922: previsione, questa, che fu accolta nel mondo della cultura come un vero e proprio atto di “pirateria legislativa”.

Il ripensamento, però, è durato poco. In sede di approvazione della legge finanziaria per il 1999, un emendamento ha reintrodotto la possibilità di alienazione dei beni immobili d’interesse storico e artistico dello Stato, regioni, province e comuni: l’art. 32, se da un lato ha sancito il principio della inalienabilità, dall’altro ha previsto ipotesi di alienabilità che saranno stabilite in un regolamento da emanarsi su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, entro un anno dall’entrata in vigore della stessa finanziaria (legge 23 dicembre 1998 n. 448), cioè entro il 31 dicembre 1999. […]