Messaggi di civiltà dall’Oriente antico Culture a confronto

Archeologia Viva n. 74 – marzo/aprile 1999
pp. 66-77

di Paolo Matthiae

A partire dalla tarda età del Bronzo nel Vicino e Medio Oriente si assiste alla nascita dei primi imperi e di un sistema di regni legati dal commercio di pregiati e particolari prodotti artistici
Un complesso spezzone di storia (dal 1600 al 700 a.C.) di cui proponiamo alcuni aspetti salienti tratti dall’opera di Paolo Matthiae dedicata all’età del Ferro nell’Oriente antico

Con la fine, negli anni attorno al 1600 a.C., della fase archeologica che si definisce tradizionalmente del Bronzo medio, nella coscienza dei popoli dell’antico Oriente doveva essere ormai acquisito il fenomeno dell’urbanizzazione, dalla Mesopotamia all’Iran, dall’Anatolia al Levante, dalla Siria alla Palestina. Negli stessi anni scompariva il tradizionale primato politico, culturale e militare del mondo mesopotamico, derivante essenzialmente dalla precocità cronologica e dalla solidità strutturale dell’urbanizzazione primaria della bassa Mesopotamia nella seconda metà del IV millennio, che aveva consolidato, concentrandole nei paesi di Sumer e di Akkad, innovazioni tecnologiche, elaborazioni ideologiche, sistemi amministrativi di grande efficacia per la coesione sociale e il progresso economico. Non era ancora mai avvenuto che si trasferissero durevolmente fuori della Mesopotamia meridionale i nuovi centri del potere politico e soprattutto che il mondo orientale divenisse strutturalmente policentrico.

In effetti, durante il Bronzo medio – nei primi quattro secoli del II millennio – alcuni poteri politici, come l’antica Aleppo in Siria del nord, avevano conseguito predomini regionali, rivaleggiando, alleandosi, affiancandosi alla I dinastia di Babilonia; ma è solo nei decenni precedenti la metà del II millennio che la situazione politica generale mutò radicalmente: dapprima, le spedizioni dei grandi re paleohittiti Hattusili I e Mursili I dall’Anatolia in Siria e in Mesopotamia sconvolsero ogni assetto tradizionale di controllo dei territori da Aleppo a Babilonia e poco più tardi i sovrani di Mitanni con innovative strutture gerarchiche di tipo feudale crearono un vasto impero che andava dall’Assiria al Mediterraneo, relegando la Babilonia dei Cassiti a un ruolo sempre prestigioso sul piano culturale, ma periferico su quello politico.

Quello di Mitanni non è però che il più antico degli imperi che nel Bronzo tardo, tra il 1600 e il 1200, impongono una nuova forma di controllo e di sfruttamento di estesi territori: poco più tardi, l’Egitto della XVIII e della XIX dinastia e alcuni decenni dopo l’impero hittita a partire da Suppiluliuma I e quello medioassiro prima con Assuruballit I, ma soprattutto poi con Salmanassar I e Tukulti-Ninurta I, si affronteranno ripetutamente in alta Siria e in Mesopotamia settentrionale per ottenere un predominio che non sarà mai durevole, mentre si affermeranno volta a volta equilibri apparentemente deboli e incerti che si riveleranno invece assai solidi e fondati nel corso degli anni.

È così che, durante tutti i quattro secoli del Bronzo tardo, gli scambi sul piano delle elaborazioni ideologiche, dell’espressione simbolica, delle innovazioni tecnologiche, diventano molto più intensi e frequenti tra Mesopotamia, Siria, Anatolia, Egitto, Iran ed Egeo. Le alleanze e i vassallaggi tra case regnanti degli imperi e dei principati dipendenti comportarono una circolazione senza precedenti di prodotti artistici e artigiani, spesso anche delle botteghe reali, che favorì la costituzione di alcuni linguaggi artistici aulici autonomi di grande suggestione, come quello hittita imperiale e quello medioassiro, mentre ne risultarono stimolate alcune felici forme espressive apparentemente eclettiche che si manifestarono con esiti assai brillanti soprattutto in alcuni centri come Ugarit, sulla costa siriana. Quanto ampie siano state le distruzioni documentate dagli scavi, che al termine della tarda età del Bronzo, attorno al 1200 a.C., posero fine alla florida vita urbana dei maggiori centri dell’alta Siria e sulle coste del Levante, provocate dalle invasioni di quelle genti che i testi reali di Ramses III chiamano i Popoli del mare, è assai dubbio. È certo che nel nord Ugarit fu devastata da un incendio, secondo alcuni generato da un terremoto, che le impedì di riprendersi come centro urbano. Secondo le fonti di cancelleria di Ramses III, i Popoli del mare, sconfitti, massacrati, dispersi e catturati in due battaglie, raggiunsero il delta del Nilo dopo aver sconvolto gran parte dell’Asia Minore fino all’alta Siria.

La maggioranza dei gruppi etnici assai eterogenei, che si erano uniti per la sfortunata quanto audace impresa egiziana, è nota da fonti precedenti o successive. I Peleset sono i Filistei della Bibbia, che li ricorda stanziati lungo la costa meridionale del Levante, accaniti nemici degli Ebrei nell’età dei Giudici durante il XII e l’XI sec. a.C., fieri oppositori del nascente regno di Israele sotto Saul e David negli anni attorno al 1000 a.C. I Tjekel o Shekelesh, noti come pirati in un testo di Ugarit del XIII sec. a.C., sono attestati verso il 1100 a.C. sulla costa centrale della Palestina. Gli Sherden potrebbero aver abitato in parte la piana costiera e le valli della Palestina settentrionale. I Denen, nei quali molti riconoscono i Danaoi delle fonti greche, erano un elemento importante della popolazione della Cilicia, ancora nella seconda metà del IX sec. a.C. Nei Tersh alcuni riconoscono lo stesso nome dei Tirreni o Tirseni, cioè degli Etruschi. […]